"Case minime" e collegio-trampolino. Addio a Del Vecchio, del nulla a re degli occhiali

Con in tasca la licenza elementare, voleva diventare ingegnere. Poi conquistò tre lauree ad honorem. Ai Martinitt imparò la perseveranza

Leonardo Del Vecchio

Leonardo Del Vecchio

l suoi propositi di quattordicenne, quasi uscito dal collegio dei Martinitt (la struttura milanese nata nel XVI secolo per accogliere gli orfani), erano "studiare allo scopo di diventare un bravo cittadino" e "un ingegnere meccanico". Leonardo Del Vecchio, scomparso ieri a 87 anni, non avrebbe mai immaginato allora che la sua tenacia e le straordinarie capacità lo avrebbero incoronato principe dell’imprenditoria italiana, fondatore di Luxottica, maggior produttore e distributore sul mercato ottico mondiale.

Troppo anche da sognare per un adolescente povero nei tempi duri del Dopoguerra che dopo la licenza elementare aveva cominciato l’avviamento al lavoro. "Forse avrei fatto il liceo scientifico e poi l’università. Mi sarebbe piaciuto, ma in collegio non me lo hanno permesso", disse durante un’intervista alla Rai. Parole riportate nel libro “Leonardo Del Vecchio“, di Tommaso Ebhardt (Sperling & Kupfer). Poi di lauree honoris causa ne ha avute tre, fra cui quella in Ingegneria dei materiali, nel 2006, conferitagli dal Politecnico di Milano. Un riscatto che è andato oltre ogni aspettativa. Mandarlo al collegio era stata una scelta obbligata per mamma Grazia, rimasta vedova e con quattro figli, di cui Leonardo era il più piccolo.

Lavorava tutto il giorno come operaia alla Fabbrica Borletti e non voleva che il suo bambino crescesse per strada. Così scrisse ai Martinitt. Del Vecchio aveva 7 anni. Dopo il "sì", dalle case minime di Baggio si spostò all’Ortica, in via Pitteri, sede dell’istituto, dove restò fino al 1949. "Crescere senza famiglia è qualcosa che non si può spiegare, se non lo si è vissuto. Ti segna", parole raccolte da Ebhardt. Tra quelle mura ("era una vita abbastanza dura. C’era poco da mangiare e la scuola si faceva in camerata") il giovanissimo Del Vecchio ha imparato la perseveranza, a lavorare per raggiungere l’eccellenza. Senza stancarsi mai. A considerare ogni conquista un nuovo inizio.

"Ha incarnato il sogno dei Martinitt: ragazzi soli, che con la forza di volontà e il duro lavoro hanno saputo costruirsi un futuro. Lo ricordiamo con profonda stima e, insieme al Consiglio di indirizzo degli istituti milanesi Martinitt e Stelline e Pio Albergo Trivulzio, esprimiamo le condoglianze ai familiari", dichiarano Dina Ravera e Giuseppe Calicchio, presidente e direttore generale del Pio Albergo Trivulzio (oggi le comunità Martinitt e Stelline sono servizi residenziali per minori e neo maggiorenni, in condizioni di fragilità e forte disagio; comunità alloggio che accolgono bambini e adolescenti).

"Milano perde una delle figure più emblematiche della sua storia recente. Il valore fondante di Milano è il lavoro, e Leonardo Del Vecchio vi ha speso tutta l’esistenza", il commento del sindaco Giuseppe Sala. "Il Paese perde uno dei suoi più grandi imprenditori – aggiunge il presidente di Confcommercio e della Camera di Commercio di Milano, Carlo Sangalli –. Grandi risultati e successi straordinari che non gli hanno impedito di conservare doti di umanità rare".

 

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