Morti nelle Rsa, inchieste a rischio flop: "Diecimila vittime vogliono giustizia"

Il caso di Mediglia fa suonare l’allarme, i parenti in campo. Vertice in Procura a Milano per chiarire la linea

I Nas nella Rsa di Mediglia

I Nas nella Rsa di Mediglia

Milano, 24 luglio 2021 - Un anno e mezzo fa nelle residenze sanitarie per anziani dilagava la pandemia, una strage simboleggiata dalle bare stipate anche nella chiesa del Pio Albergo Trivulzio di Milano. Rsa, ora Covid free, trasformate in una trincea, con migliaia di pazienti e dipendenti contagiati solo in Lombardia. Decine di inchieste, aperte dalla Procure lombarde anche in seguito a esposti di familiari e sindacati, sono di fronte a un bivio. La richiesta di archiviazione presentata dalla Procura di Lodi sul caso della Rsa di Mediglia, dove tra febbraio e maggio dell’anno scorso sono morti 77 ospiti su 147, allarma le associazioni di familiari che si sono costituite per chiedere di "fare luce sulle responsabilità" a tutti i livelli.

«Ci auguriamo che nessuna delle altre Procure, in particolare quella di Milano, segua l’impostazione di Lodi – spiega Alessandro Azzoni, presidente di Felicita –. Non si può tollerare che la domanda espressa dai tanti familiari delle vittime, oltre 10mila morti in Italia, venga cancellata. L’invocato articolo 3 bis della legge 76/21 da parte del procuratore di Lodi che limita la responsabilità penale dei sanitari suona come un vero e proprio colpo di spugna per dirigenti apicali". Carla Porfirio, con altri parenti di anziani deceduti all’Istituto Palazzolo-Don Gnocchi di Milano che hanno scelto la strada di una causa civile, sta ancora lottando con l’assicurazione per ottenere un risarcimento. Chiede che "sulle stragi di anziani non cada il silenzio".

La richiesta di archiviazione su Mediglia, il primo caso esploso in Lombardia, verte sulla conclusione, illustrata dal procuratore Domenico Chiaro, che "non c’è ragionevole certezza che siano state proprio le condotte commissive o omissive di cariche apicali a cagionare l’evento", cioè la morte dei pazienti. Mancano elementi, in sostanza, per poter sostenere un processo. Ogni caso fa storia a sé, ma l’istanza della Procura - che deve ancora essere vagliata da un gip e alla quale potrebbero opporsi i familiari delle vittime - potrebbe fare da apripista su vicende in una analoga cornice. Per i familiari una doppia beffa: nessun processo e, almeno nel penale, nessun risarcimento dei danni subiti.

In Procura a Milano si terrà un vertice, probabilmente dopo la pausa estiva, fra i pm del dipartimento coordinato dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano che si stanno occupando delle varie inchieste, anche per definire una linea su fascicoli al bivio fra un’istanza di archiviazione o una chiusura indagini, atto che di solito prelude alla richiesta di rinvio a giudizio. Sul tavolo anche la consulenza tecnica su morti e contagi al Trivulzio - nell’ambito dell’inchiesta in cui è indagato per omicidio colposo, epidemia colposa e violazione delle regole sulla sicurezza il dg Giuseppe Calicchio - che ha evidenziato disorganizzazione e una gestione "grave e incapace" dell’emergenza sia da parte della struttura che da parte della Regione, attraverso l’Ats: dalle mancate diagnosi a pazienti, ospiti e personale, che veniva anche fatto rientrare dalla “malattia” senza tamponi, fino all’isolamento insufficiente.

Le morti di più di 100 anziani al Pat, tra gennaio e aprile 2020, ossia il 33% delle oltre 300 di quei mesi, possono essere attribuite al Covid. Ma gli elementi potrebbero non essere sufficienti per arrivare a un processo. "Noi ci auguriamo che fatti così gravi non finiscano nel nulla – spiega Isa Guarneri, segretaria Fp-Cgil di Milano –. Le Rsa ora sono Covid free, ma il clima resta pesante nei confronti dei nostri delegati che hanno avuto il coraggio di denunciare".  

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