"Mille medici di base persi in 10 anni", L’Ordine: la Regione ci coinvolga

Il presidente milanese Rossi all’attacco anche sulle coop al pronto soccorso. Il Welfare: casi marginali

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di Giulia Bonezzi

La Lombardia in pochi anni ha perso quasi tremila medici di base, "eravamo circa ottomila, calcolando anche i colleghi di continuità assistenziale (guardia medica, ndr), adesso siamo 5.300. In dieci anni si sono persi mille medici di medicina generale (Mmg) solo a Milano e provincia", conta Roberto Carlo Rossi, che oltre che medico di famiglia è presidente dell’Ordine dei medici di Milano, alla presentazione di un libro annunciata come "l’occasione di fare il punto sulla situazione sanitaria lombarda". Cominciando da quella per la quale "tanta gente è senza medico di famiglia"; che "si è incancrenita perché si sapeva che molti colleghi andavano in pensione", ma i bandi per sostituirli vanno deserti o rispondono candidati "solo per un terzo dei posti. I giovani non vogliono più fare questo mestiere, molte altre branche della medicina danno più tranquillità".

La soluzione secondo Rossi? Più soldi, per "rendere appetibile questo lavoro sia dal punto di vista remunerativo sia dal punto di vista dell’organizzazione", nel senso però di "finanziare di più l’organizzazione dello studio, gli infermieri e il personale amministrativo". Niente a che fare, dunque, né con la proposta rilanciata dalla Fp Cgil Mmmg di trasformare i medici di base (liberi professionisti che lavorano per le Regioni in base a un contratto nazionale) in dipendenti del servizio sanitario pubblico, né tantomeno con la "revisione organizzativa" di cui parla la vicepresidente e assessore al Welfare della Regione Letizia Moratti. Che Rossi attacca a testa bassa: definisce "una topica incredibile" la sua dichiarazione sul ruolo degli infermieri nelle cure primarie, "poi corretta in una fantomatica supplenza organizzativa, che mi devono ancora spiegare cosa vuol dire", e l’accusa di aver "coinvolto molto poco i Mmg" nell’ultima riforma sanitaria ("Vengono a volte sentiti, ma dai suoi funzionari", e comunque "se una categoria la senti e poi fai quello che vuoi, diventa un alibi").

Anche le Case di comunità del Pnrr, introdotte via riforma in Lombardia, al presidente dell’Ordine risultano "non pervenute. Ho visto tanti nastri tagliati, però nessuno dice cosa ci si deve fare dentro. Forse dormirci", ironizza, dato che "tutti noi stiamo lavorando più del 2019, e ai medici di medicina generale hanno dato dei fannulloni più di una volta". Rossi è anche presidente regionale e provinciale dello Snami, sindacato particolarmente rappresentativo dei medici di base, ma allarga il discorso ai camici bianchi nei pronto soccorso: "Una volta vi si prendevano liberi professionisti “a gettone”, ed era già sbagliato. Adesso in Lombardia" e "anche su Milano" "si sta diffondendo un sistema già diffuso nel Lazio: si affida il servizio a una cooperativa piuttosto che a un gruppo di privati". Medici “a noleggio” per tappare i buchi, "come per le pulizie. È una follia che in pronto soccorso tutti i giorni cambi il personale".

Solo su quest’ultimo punto la Direzione Welfare della Regione ha risposto a Rossi, assicurando che "è sempre stata garantita la piena funzionalità della rete di pronto soccorso" "attraverso l’impiego di personale strutturato (assunto, ndr). Nei casi in cui la carenza di specialisti e momentanee difficoltà di reclutamento mettono a repentaglio il pieno funzionamento dei servizi, Regione ricorre" a "cooperative in grado di offrire personale idoneo, preparato e specializzato. Soluzioni temporanee e percentualmente marginali, praticamente assenti nell’area metropolitana milanese, rispetto al servizio di pronto soccorso della sanità lombarda". Dove "il 70% degli accessi sono in codice verde", ricordano da Palazzo Lombardia, e si aspettano che il servizio sia "sgravato da accessi inappropriati" grazie "all’avvio delle Case di comunità e alla riorganizzazione della medicina territoriale, per la quale confidiamo nella piena collaborazione dei Mmg".

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