Melzo, operaio disabile licenziato e sostituito da robot: la resa del sindacato

La Fiom: ora c’è soltanto il giudice. E tra gli avvocati è allarme: no alla guerra macchina-uomo

Operaio licenziato

Operaio licenziato

Melzo (Milano), 26 maggio 2018 - Un robot al posto dell’operaio? «Un caso che sta giustamente facendo scalpore – sottolinea Roberta Turi, segretario della Fiom milanese –. Ma uno dei tanti, non so dire quanti, che vediamo ogni giorno. La tecnologia in fabbrica sicuramente è un fattore, ma la verità è che un lavoratore ha meno tutele». Nel caso specifico di Osmu Labib, l’operaio marocchino di 61 anni privo della mano destra, licenziato senza preavviso dalla multinazionale Greif a Melzo e sostituito nelle sue mansioni da una macchina automatica, il sindacato ha esaurito il suo compito con il tentativo di conciliazione: «Abbiamo gestito la vicenda e assistito il lavoratore nella fase negoziale – sottolinea –. Sindacalmente non c’è altro che si possa fare e il lavoratore si è giustamente rivolto all’avvocato». La procedura, «quella classica di licenziamento per giustificato motivo. La posizione in azienda che non c’è più, un’offerta economica rifiutata, il licenziamento. Solo qualche anno fa ci sarebbero stati forse passaggi ulteriori, delle vie intermedie. Oggi siamo messi così – conclude Roberta Turi –. Il tutto aggravato dalla tipologia del lavoratore, un soggetto oltremodo fragile per l’invalidità, un anello debole».

«Sono  le derive  dell’automazione – le fa eco l’avvocato del lavoro Giovanna Maffia, con studio a Carugate, non lontano da Melzo –. Una trasformazione profonda è in atto. Oggi una multinazionale sostituisce con una macchina un operaio alla catena di montaggio. Domani l’intelligenza artificiale potrebbe sostituire figure diverse, sbarcando anche negli studi legali, negli uffici, o nelle redazioni. In questa storia, comunque, occorre capire se l’azienda, pure nell’ottica dell’ottimizzazione tecnologica, abbia effettuato a beneficio del lavoratore quello che noi chiamiamo ‘repecheage’, ripescaggio, ricollocazione interna. A quanto pare no. Mi chiedo allora: era l’unico addetto alla posa dei famosi tappi sui fusti? E intravedo qualcosa di discriminatorio ai danni di un anello debole. Un’aula di tribunale potrebbe fare chiarezza».

Una lettera gelida quella che notifica il licenziamento a Osmu Labib. Non firmata dai titolari di un’aziendina familiare, ma dagli uffici di Greif Italia, marchio leader nel settore del packaging presente in più di 50 paesi al mondo. Lo stabilimento del fattaccio è a Melzo, nel Milanese, in via Vespucci. Ma gli uffici amministrativi, da maggio, sono a Bottanuco (Bergamo) dove Greif ha acquisito la Fustiplast. Nessuna replica per ora: «Oggi non c’è nessuno dei responsabili – spiega cortesemente un impiegato – e siamo anche in una fase di trasloco. Forse lunedì».Intanto si moltiplicano le reazioni a Melzo, dove i commenti rimbalzano su siti e gruppi, tutti o quasi con un denominatore comune: «Inammissibile ingiustizia».

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