L'allarme di Raffaele Cantone: "Calcio, la mafia punta al nord"

Il magistrato presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione: "Squadre lombarde nel mirino degli imprenditori delle cosche"

Raffaele Cantone (Imagoeconomia)

Raffaele Cantone (Imagoeconomia)

Milano, 21 marzo 2018 - Dottor Cantone, da magistrato che per primo ha indagato sugli intrecci fra le mafie e il dorato mondo del pallone, come giudica le dichiarazioni dell’avvocato Claudio Pasqualin il quale ha detto che anche «la malavita vuole le procure di baby calciatori per ripulire il denaro»?

«Devo dire la verità, è una denuncia inquietante, che mi colpisce. Credo che se un professionista serio e importante come l’avvocato Pasqualin ha sollevato la questione, la stessa non debba e non possa essere sottovalutata. Intorno al calcio ci sono interessi enormi, perciò capisco che possano addirittura riguardare giocatori-bambini. Del resto basta guardarsi intorno e qualche minorenne con contratto milionario lo troveremo... ai livelli più bassi. Magari ci sono interessi diversi, bisogna circostanziare questi episodi con molta serietà e intervenire».

La senzazione è che il calcio stia diventando la “lavanderia“ del pallone: prima le scommesse, poi il merchandising, ora le procure...

«Non solo. Io direi che investire nel calcio fa comodo, molto comodo ai gruppi criminali. Quando parliamo di ragazzini è vero quel che si dice, perché i “vivai” hanno grande valore per la criminalità. Soprattutto nelle città di provincia servono a garantire il “consenso sociale”, perché sai che nelsettore giovanile timanda il boss e impari a rispettarlo. E poi, al sud e non solo, nei “vivai” vengono segnalati i ragazzi più svegli e più capaci per farne strumento delle cosche. I clan hanno bisogno di selezionare le migliori giovani leve per poi arruolarle addestrarle per i loro scopi. Non con un pallone ma con le armi».

Come è riuscito a capire gli intrecci fra malavita e pallone?

«Con varie indagini, nel corso delle quali verificai il doppio interesse della criminalità: in generale ci si avvicina al calcio perché ben si sa che è uno strumento che crea consenso e ti dà una certa visibilità, e potere. Quello che le mafie cercano anche nel mondo del pallone. E poi non passava inosservato il grande giro di denaro».

Lei è stato negli anni dell’Expo a Milano come presidente Nazionale Anticorruzione: ha la sensazione che anche in Lombardia, le mafie abbiano le mani sul calcio?

«Certo. Se prima si poteva parlare di rischio, di avvicinamento, credo che ora certi personaggi dell’imprenditoria legati alla criminalità di tipo mafiosa, senza farsi troppo notare, abbiano interessi anche sul calcio in Lombardia, come dimostrano recenti inchieste. Questo perché il malaffare legato al calcio non riguarda però una sola regione o soltanto una mafia, ma l’intero movimento, dalla serie A fino alle categorie inferiori, e tutte le mafie. Riguarda la gestione del tifo di alcune curve così come il mondo del merchandising e delle contraffazioni, delle scommesse e delle partite truccate. E poi la costruzione di nuovi stadi, la loro gestione e la speculazione edilizia nelle aree attigue».

Come contrastare tutto ciò?

«Lavorando molto sulla trasparenza e capire cosa c’è dietro certe operazioni economiche. Non solo a livello nazionale, anche nelle serie dilettantistiche, ma soprattutto quando di mezzo ci sono importanti transazioni estero su estero. Quelli sono i casi più “classici” di pulizia del denaro in ingente quantità».

(3-Continua)

 

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