Né killer né colletti bianchi, la mafia è grigia

Il procuratore della Dda: non c’è percezione della gravità del problema e il “sistema” si espande

Polizia Locale in azione in una discarica abusiva

Polizia Locale in azione in una discarica abusiva

Milano, 14 ottobre 2019 -

Alessandra Dolci procuratore aggiunto, guida l’Antimafia milanese. Nonostante la vostra capacità di contrasto, la criminalità organizzata non sembra in crisi. «Ad essere realisti, non direi proprio. Droga, edilizia, movimento terra, videogiochi, ristorazione, recupero crediti... Forse la situazione è anche peggiorata».

C’è qualche nuovo settore di attività finora non emerso in modo così visibile? «Le cooperative di facchinaggio e in genere quelle che offrono servizi di bassa manovalanza. Spesso i soci di quelle coop non sanno neppure di esserlo. In cambio di poche centinaia di euro per vivere, firmano qualunque documento. E poi il caporalato, anche per colpa di questa crisi profonda del mondo del lavoro legata alle sorti dell’economia. Pochi diritti, condizioni di lavoro che talvolta ricordano l’antica schiavitù, ma chi si ribellerà mai stando così la situazione?».

Fra l’altro, Lombardia ormai anche “terra dei fuochi”. Però le prime condanne per il rogo dei rifiuti in via Chiasserini sono arrivate in tempi rapidi. «Ecco, questo è un bel segnale da parte delle istituzioni. E in quel settore le indagini vanno avanti, non ci siamo fermati. Servirebbe un aiuto dalla Regione».

In che modo? «Nelle autorizzazioni allo smaltimento. Ora si rilasciano concessioni per “rifiuti di vario tipo”. Sarebbe meglio procedere per gradi e per filiera: per esempio solo carta o solo plastica e così via... Difficile che piccole aziende investano in grandi macchinari per poter smaltire generi diversi di rifiuti. Vuol dire che lì forse c’è qualcosa che non va».

Quello dei rifiuti è un settore che tira. Lei ripete spesso che conviene più della droga perché le pene che si rischiano sono meno pesanti. «Decisamente. Però anche il traffico di stupefacenti non conosce crisi, anzi è tornata a circolare eroina in abbondanza. I morti sono in aumento».

Cosa pensa della possibile legalizzazione delle droghe leggere per togliere mercato alla criminalità? «Sono contraria. Aumenterebbe il traffico delle altre droghe e potrebbe spingere anche i consumatori verso quelle più pesanti».

Nuovi pentiti? «Pochissimi. La ’ndrangheta si fonda in gran parte sui legami di sangue. Pentirsi significa “tradire” due volte, non soltanto l’organizzazione ma anche la famiglia».

In Lombardia si parla quasi solo di ’ndrangheta: Cosa Nostra è sparita? «Alcune cellule mafiose agiscono più che altro come ponte verso la casa madre, tessono affari sporadici. La ’ndrangheta invece si è insediata nel territorio con un’organizzazione stabile e capillare».

E avete capito che spesso sono gli imprenditori a richiedere certi servizi alle ’ndrine. «Manca la percezione del disvalore. Se per far soldi con la mia azienda mi faccio rilasciare fatture false da una ditta calabrese, alimento la criminalità organizzata. Ma ci sono imprenditori che fingono di non capirlo. Per loro contano i ricavi di oggi, non c’è un pensiero che riguardi il futuro. Però in questo modo anche il mercato è drogato, la concorrenza è una parola vuota».

Una realtà sconfortante. «Nelle regioni del Sud, rispetto ai tempi passati almeno un concetto ormai è chiaro: la mafia buona non esiste. In Lombardia ancora non ci siamo arrivati. Pur di aumentare i profitti ci sono imprenditori disposti a tutto, anche a rivolgersi ai criminali se non bastano le mazzette».

Ecco, la corruzione. Una delle vostre inchieste sta facendo rimergere intrecci lombardi tra politica e affari che sembrano inarrestabili. «Come in materia di antimafia, le leggi ci sono. Ma poi c’è il discorso etico più generale che riguarda tutto il Paese. Esiste una corruzione che definirei “pulviscolare”, a partire dal titolare del bar che per poter lasciare i tavolini sul marciapiede paga la mazzetta al vigile urbano... Ad un livello appena superiore c’è la corruzione più organizzata, con tantissimi attori sulla scena. D’altra parte è emerso chiaramente, anche dalla nostra inchiesta, che negli enti pubblici non c’è separazione tra esponenti politici e vertici amministrativi. E quindi nessun limite viene mai posto alle possibili illegalità».

Tornando alla criminalità organizzata, Giovanni Falcone diceva che come tutte le cose la mafia ha avuto un inizio e avrà una fine. Quante generazioni serviranno? «Se e quando sarà, non lo so proprio. Ma so che il contributo necessario è quello di impegnarsi giorno per giorno in quello che facciamo. Pino Puglisi diceva che se ognuno fa qualcosa, si può fare molto. La sensibilità che mostrano i ragazzi per i problemi dell’ambiente è interessante».

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