La mamma dopo l'aggressione in treno: "Mia figlia non sale più sui mezzi dopo le molestie"

Una delle giovani palpeggiate sul regionale 2640 da Peschiera del Garda a Milano. "Alle stazioni non c’era nessuno cui chiedere aiuto: i controlli non sono adeguati, serve tutela"

Controlli di polizia sui treni (Archivio)

Controlli di polizia sui treni (Archivio)

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Milano - «Mia figlia è ancora molto turbata. Non è più salita su un mezzo pubblico da sola". Lo rivela una mamma delle sei ragazze sedicenni e diciassettenni molestate sul treno regionale 2640 che dalla stazione di Peschiera del Garda avrebbe dovuto riportarle a casa, quattro a Milano e due a Pavia, dopo una giornata di divertimento trascorsa a Gardaland. Era giovedì 2 giugno, giorno della Festa della Repubblica. E le adolescenti, come riportato su queste pagine nei giorni scorsi, non avevano idea di quello che avrebbero trovato in banchina: "Più di cento ragazzi e ragazze, molti nordafricani, che affollavano la stazione, urlavano, saltavano sui binari e sputavano sui treni in sosta", hanno raccontato. Con tutta probabilità, parte della folla di giovanissimi che nel pomeriggio aveva preso d’assalto la riva del Basso Lago di Garda dopo un annuncio comparso su TikTok trasformandola nel teatro di una maxi rissa. Poi, sul regionale, l’incubo: il fiume umano sui vagoni, il caldo asfissiante, l’accerchiamento, i palpeggiamenti "sul sedere, più volte", hanno denunciato le giovani al presidio Polfer della stazione Centrale di Milano il giorno successivo. Molestie avvenute mentre cercavano di raggiungere la carrozza di testa per cercare il capotreno o comunque qualcuno che potesse aiutarle. Nell’avanzare venivano ostacolate, "eravamo circondate da almeno trenta ragazzi che ci dicevano frasi come “voi siete bianche, qui non salite“".

Come sta ora sua figlia?

"È ancora molto scossa. Non se la sente di prendere un mezzo pubblico da sola. Quel giorno non riusciva nemmeno a parlarmi al telefono: era in lacrime, sconvolta".

Siete riuscite a sentirvi mentre era sul treno?

"Ci siamo sentite più volte nel corso della giornata, mi aggiornava su quel che faceva in gita con le amiche. Nel tardo pomeriggio sapevo che stava andando a prendere il treno per rientrare, da Peschiera del Garda. Dopo un po’ la sorella maggiore, che non era con lei, mi ha chiamata dicendomi che mio marito stava andando a prendere la più piccola (di 16 anni) a Desenzano. Inizialmente pensavo che non fosse passato il treno, che ci fosse stato qualche disguido o un ritardo. Ma quando ho provato a farmi raccontare da mia figlia più piccola cosa fosse accaduto, era in lacrime. Non riusciva nemmeno a parlare. Ho capito la situazione parlando di nuovo con la figlia maggiore, la quale nel frattempo aveva sentito al telefono una delle amiche che erano sul treno, rimasta un po’ più lucida. Allora ho capito la gravità. Quindi ho invitato la “piccola“ ad andare subito al presidio Polfer di Desenzano. La stazione dove in quel momento si trovava".

E lei ha seguito il consiglio?

"Mi ha detto queste parole: “Mamma, siamo già andate ma non c’è nessuno“. Alle 18.30 di sera di un giorno così particolare. Io mi domando perché. Com’è possibile che le istituzioni e le forze dell’ordine non abbiano predisposto controlli mirati, dato che sui social (come abbiamo poi scoperto in seguito) circolava da giorni la notizia del raduno sulla spiaggia tra Peschiera e Castelnuovo? Era prevedibile che una grande massa di persone avrebbe preso il treno, sia per andare e sia per tornare. Eppure nelle stazioni non c’erano controlli: né a Peschiera, da cui il treno è stato fatto partire, nonostante gli assembramenti e gli assalti ai binari, e né a Desenzano, dove mia figlia e le sue amiche non hanno trovato assistenza. Ma neppure sul treno c’era qualcuno a cui rivolgersi. Io lo trovo inconcepibile".

Ha sentito anche gli altri genitori?

"Sì. Ci siamo dati da fare per denunciare quanto accaduto. Vogliamo che si vada a fondo alla vicenda. Chi ha sbagliato deve pagare. Ma deve esserci anche più sicurezza: mia figlia si è trovata in una situazione di pericolo, senza alcuna tutela. Tengo anche a ringraziare il ragazzo che a Desenzano, sul treno, ha fatto spostare tutti coloro che ostacolavano l’apertura delle porte, consentendo così a mia figlia e alle amiche di scappare e di salvarsi".

 

 

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