Per i giudici le lesioni sulla schiena, riconducibili a presunti riti satanici, "sono state effettuate in maniera disordinata" e potrebbero essere autoinferte, anche perché "non appare particolarmente complicato procurarsi quei segni utilizzando un oggetto acuminato". Lo stesso per la "simil-infibulazione" realizzata "non in modo professionale". Considerazioni - messe nero su bianco dalla Corte d’Assise d’Appello di Milano nelle motivazioni della sentenza con cui hanno confermato l’assoluzione dall’imprenditore discografico Fabio Bertin e della moglie Rosa Stevenazzi, accusati di riduzione in schiavitù e abusi sessuali anche nel contesto di messe nere - contestate dalla parte civile: "Non sono state considerate prove e consulenze agli atti". Il fatto che le ferite (tra cui una stella a cinque punte) possano essere autoinferte è stato infatti escluso da cinque medici che hanno seguito, in varie fasi, la lunga e complessa vicenda giudiziaria. I presunti stupri erano stati denunciati più volte da una milanese, Miriam (nome di fantasia), che nel 2000, da poco maggiorenne, era stata affidata alla coppia. Aveva riferito di essere stata costretta a violenze, anche in uno studio di registrazione a Locate Varesino (Como) alle quali avrebbero preso parte "diversi uomini" che indossavano "tuniche e cappucci". La Corte, presieduta da Ivana Caputo, definisce come "poco verosimili" alcuni degli episodi denunciati dalla donna, e "non risultano provati in base alle esigenze processuali i presupposti per la configurazione del reato di riduzione in schiavitù".
I giudici muovono però censure sul comportamento di Bertin, per aver avuto rapporti sessuali con la ragazza a lui affidata. "La cosa più assurda è che questa sentenza è stata scritta da donne – si sfoga Miriam – con la loro logica nessuna donna violata si rivolgerà più a questa giustizia". Il suo legale, l’avvocato Massimo Rossi, valuterà ora la strada di un ricorso in Cassazione. "Sono motivazioni che lasciano esterrefatti – spiega – e il fatto che la vittima avesse avuto una vita tormentata è un’aggravante per il reato. Non sono state considerate, inoltre, quattro perizie che hanno ritenuto la donna, che ora si vuole far passare per matta, come sana di mente". Bertin e la moglie, difesi dagli avvocati Francesco Poggi e Luigi De Mossi, si sono sempre proclamati innocenti.
Andrea Gianni