Giambattista Anastasio
Cronaca

"La motocicletta è vita, non terapia. Inopportuno riconoscerla come tale"

Il disegno di legge sulla mototerapia suscita perplessità tra associazioni e esperti: la definizione di "terapia" è contestata, mentre altre terapie necessarie restano in attesa di riconoscimento.

Morena Manfreda

Morena Manfreda

Le perplessità intorno a questo disegno di legge sono trasversali alle associazioni della disabilità e agli esperti in materia. Motivo? Il provvedimento in questione riconosce come "terapia" ciò che terapia non è, mentre altre, pur utili e fondate, continuano a restare in attesa di un pieno riconoscimento dello Stato. Il riferimento è al disegno di legge approvato dalla Camera dei Deputati col quale "si riconosce la mototerapia quale terapia complementare per rendere più positiva l’esperienza dell’ospedalizzazione, per contribuire al percorso riabilitativo dei pazienti e per accrescere l’autonomia, il benessere psico-fisico e l’inclusione dei bambini, dei ragazzi e degli adulti con disabilità".

Tra coloro che sono critici nei confronti di questa scelta c’è Morena Manfreda, presidente di Abilità Diverse: "La mia preoccupazione è il termine “terapia“ usato in maniera inappropriata. La moto, esattamente come l’arte e il contatto con gli animali, possono essere identificate come attività ludico-ricreative di sollievo o come momenti di aggregazione per le persone che ne hanno necessità, ma non costituiscono delle terapie". "Nel disegno di legge – spiega ancora Manfreda – viene promossa la mototerapia a livello nazionale quando conosciamo le carenze esistenti nel nostro sistema di erogazione di terapie evidence-based. Carenze per le quali, molto spesso, sono le famiglie a farsi carico delle spese di tali terapie data l’incapacità della presa in carico effettiva e continuativa del servizio sanitario. Il nostro Governo dovrebbe impegnarsi a migliorare ciò che già c’è sul territorio, assumendo più professionisti negli ospedali e nei centri riabilitativi". Sulla stessa linea Monia Gabaldo, genetista e dirigente pediatrico con un lieve disturbo dello spettro autistico:

"Da medico e da autistica posso dire che la terapia è ben altro. La moto è un’attività ricreativa e non ha benefici diversi da quelli di altre attività ricreative come, ad esempio, preparare una torta o stare a contatto con gli animali. Si tratta in tutti i casi di attività che possono aiutare a superare alcune rigidità e difficoltà proprie delle persone con disturbo dello spettro autistico, aiutano a rimodulare sensazioni e sollecitazioni che nella persona neurodivergente sono alterate, ma non sono terapia. Non medicalizziamo la vita, non è giusto che tutto ciò che facciamo sia considerato terapia perché abbiamo una diagnosi".