La guerra blocca la ricerca oncologica

Giorgio

Fiorentini*

La guerra ha fermato (in parte) la ricerca clinica per nuovi farmaci di cui l’Ucraina era polo per gli studi clinici e farmaceutici (257 studi attivi di cui 117 sul cancro). Era luogo di sperimentazione avanzato. La guerra ha costretto i ricercatori a tutelarsi anche con una delocalizzazione degli esperimenti ed è intuibile che ci sono rallentamenti. Alcuni pazienti partecipanti a studi sperimentali non hanno risposto alle sollecitazioni di continuare. Alcune si sono allontanate dall’Ucraina. Le aziende farmaceutiche sono combattute: lasciare la sperimentazione clinica che si svolge in Ucraina o mantenerla in loco, il che comporta rischi di incolumità per i ricercatori. Anche in Russia ci sono sperimentazioni in essere (577 quelle attivi) che sono state bloccate indirettamente dalle nazioni con le sanzioni, per esempio i conti correnti delle banche russe sono bloccati e quindi non si possono pagare i ricercatori. Molti farmaci sono in “fase tre” di sperimentazione. Lo stop implica un ritardo nel processo di autorizzazione e quindi di immissione sul mercato per i pazienti. Ci si lamenta del fatto che si parla poco di pace e molto di costi è vero ma, ci sono, oltre ai costi economici, anche i costi di salute e vita dei pazienti che hanno un valore maggiore per l’uomo. In oncologia e cardiologia Milano e la Lombardia sono sede di centri di ricerca farmacologica e ospedali collocati nella top ten mondiale. La proposta è quella di accogliere il segmento dei profughi ucraini che sono pazienti in trial di ricerca e che dovrebbero interrompere la loro disponibilità alla ricerca causa guerra. In modo da non interrompere la ricerca. è necessario fare “una guerra di pace” per non fermare la scienza.

* Università Bocconi

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