È nel mirino da tempo. Tanto che cinque anni fa, come lei stessa ha ricordato più volte non senza amarezza, è diventata la donna più anziana d’Europa sotto "scorta". E sabato pomeriggio il fiume carsico dell’odio è riemerso ancora una volta, con un cartello comparso al corteo pro Palestina di piazzale Loreto nello spezzone occupato da esponenti del partito dei Carc: "Agente sionista", la scritta sopra il suo volto. Sopravvissuta ai campi di sterminio nazisti e diventata testimone attiva della Shoah italiana, Liliana Segre è stata nominata senatrice a vita dal capo dello Stato Sergio Mattarella il 19 gennaio 2018.
Da quel momento, la popolarità che le ha regalato la prestigiosa carica all’età di 87 anni è purtroppo aumentata di pari passo con la crescita esponenziale di commenti offensivi e insulti sui social. Una preoccupante escalation che il 6 novembre 2019 spinse l’allora prefetto Renato Saccone a disporre per lei un servizio di tutela, il livello più blando di protezione che prevede che Segre sia sempre accompagnata da due carabinieri nei suoi spostamenti. Non è bastato a fermare l’ondata. Che anzi ha trovato nuova forza dalle nette posizioni sui vaccini della senatrice, che nel periodo più drammatico della pandemia è diventata testimonial della campagna di immunizzazione dal Covid 19 e si è fatta fotografare mentre riceveva la prima dose di siero. Il 9 novembre 2022, la svolta giudiziaria, se così vogliamo definirla: "Mi è arrivata una maledizione talmente forte, firmata, per cui una volta tanto farò causa a questa persona", annuncia Segre. In realtà, da quel giorno le querele sono diventate sistematiche, con annessi risarcimenti in beneficenza.
Un mese dopo, il 6 dicembre, il suo avvocato Vincenzo Saponara si è presentato negli uffici della sezione Indagini telematiche del Nucleo investigativo di via Moscova e ha segnalato 24 profili usati per diffondere messaggi di "odio di natura diffamatoria, spesso di carattere antisemita e contenenti auguri di morte". L’inchiesta dei militari ha portato a identificare venti hater, deferiti in Procura il 27 gennaio 2023, nel Giorno della Memoria. Oltre al volto tv Gabriele Rubini alias Chef Rubio (che due giorni fa ha parlato dal carro della manifestazione pro Pal), c’erano, tra gli altri, un oncologo di Reggio Calabria, un assicuratore di Ferrara, un artigiano di Cesano Maderno, un’infermiera di Bisceglie, un medico di Roma, un agente di commercio di Torino e un bancario di Vercelli.
Diciassette uomini e tre donne, con provenienze sociali e geografiche tra le più disparate e sconosciuti l’uno all’altro. Unico comune denominatore: le offese da querela alla Segre. Non sempre, però, i presunti odiatori hanno nascosto il loro volto. È il caso, ad esempio, di Cecilia Parodi, indagata per istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa e per diffamazione aggravata dall’odio razziale proprio a seguito di una denuncia presentata dalla senatrice. In un video pubblicato su Instagram, la scrittrice disse: "Odio tutti gli ebrei, tutti gli israeliani, dal primo all’ultimo, odio tutti quelli che li difendono. Spero di vederli tutti impiccati". Stesso destino per l’ex diplomatica Laura Basile, che sui social (salvo poi scusarsi) accusò Segre di essere tormentata solo "dal pensiero dei bambini ebrei". Aggiungendo: "Sa che i tedeschi nazisti erano molto buoni coi loro bambini? E non sentivano nulla per la morte degli ebrei. Lei vuole imitarli?".