Klaus Davi: "L’estorsione arriverà a Brera"

La previsione del massmediologo che da tempo indaga sul campo il fenomeno della ’ndrangheta ormai penetrata al Nord

Klaus Davi, massmediologo e giornalista

Klaus Davi, massmediologo e giornalista

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Milano - "La mia inchiesta sui Barbaro e sui Trimboli, imparentati, risale al 2019: andai a Casorate Primo, poi a Platì. Dove la mia auto fu bersaglio di una pioggia di sassi. Era l’8 gennaio 2020. Duemila euro di danni alla carrozzeria. Ben venga il recentissimo arresto di Antonio Barbaro e del figlio Rocco insieme ad altre 11 persone. Mi colpisce però che siamo di fronte a una metastasi di cui non si parla mai, se non in occasione di fatti eclatanti: la mafia è una malattia che è come il Covid, se non peggio". Parole del giornalista e massmediologo Klaus Davi che da anni approfondisce sul campo il fenomeno delle cosche penetrate al Nord e si dà da fare anche al sud, eletto consigliere comunale a Reggio Calabria nel 2020 dopo un’esperienza a San Luca. "Pavia, Milano, Varese, sono maxi hub della cocaina. La domanda di sostanze non finisce mai, solo a Milano ci sono oltre 100mila cocainomani fissi, e questo alimenta il business della ‘ndrangheta".

Come mai più di due anni fa scelse proprio Casorate, per la sua inchiesta?

"Perché ero riuscito a individuare la locale di ‘ndrangheta, dopo diversi sopralluoghi, e volevo mostrare la penetrazione delle cosche. Dalla provincia di Pavia mi ero spinto a Platì, a casa della famiglia Barbaro. Il lancio di sassi contro l’auto non mi intimidì. Sono stato con la telecamera anche in comuni come Buccinasco. Questi luoghi rappresentano la situazione ideale su cui costruire delle reti. E le figure apicali sono molte di più: quello che è emerso è solo la punta dell’iceberg. La penetrazione mafiosa è evidente da tantissimo tempo ma la società civile non la contrasta abbastanza: si limita a manifestazioni sporadiche, non c’è continuità. Si ‘risveglia’ quando succede qualcosa. E poi basta. Un’altra scossa l’ha data l’omicidio di Dum Dum, Paolo Salvaggio, uomo del clan Barbaro e Papalia, a Buccinasco, lo scorso ottobre in pieno giorno".

A Buccinasco quale fu l’accoglienza?

"Mi strapparono un microfono e la telecamera, insultandomi, nel bar dei Barbaro-Papalia. Era il 2017. Ancora aspetto il processo. Mentre a marzo avrò un’udienza per essere stato querelato da quelle famiglie. Sono ‘incidenti sul lavoro’ che bisogna mettere in conto, soprattutto se si va in avanscoperta, due, tre, quattro anni prima che i fatti emergano. Questa gente ti fa causa. Ma l’alternativa qual è? Sottostare alle regole dei prepotenti (è affiorato anche in occasione degli ultimi arresti come gli uomini del clan intimidissero i loro debitori, ndr) e non fare cultura. L’inchiesta giornalistica è importante perché anticipa, segnala, testimonia. Ho fatto un’altra previsione...".

Quale?

"Ho intervistato un ‘osservatore’ che ha partecipato a un’estorsione in stile mafioso a pochi metri da largo La Foppa. Come è successo con Casorate, tra uno o due anni, verrà fuori l’estorsione a Brera. Ne sono convinto".

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