Rischia la pena di 7 anni e mezzo di reclusione e poi l’espulsione dall’Italia Mohamed Nosair, 50enne egiziano abitante a Sesto San Giovanni accusato di avere "scaricato e condiviso" video inneggianti al terrorismo. A chiedere la condanna dell’imputato di partecipazione ad associazione con finalità di terrorismo nel processo davanti alla Corte d’assise di Monza è stato il pm milanese Alessandro Gobbis, che a Milano ha ottenuto la condanna a 5 anni con il rito abbreviato di un altro egiziano, Alaa Refaei, 44 anni, muratore residente a Monza. I due erano stati arrestati nell’ottobre 2023 perchè si ritiene si siano associati al gruppo terroristico dell’Isis, cui hanno giurato fedeltà. Refaei avrebbe anche tentato di indottrinare il figlio minorenne. "Oh scimmie e maiali, i monoteisti vi sgozzeranno come le pecore", uno dei messaggi ritrovati sui profili Facebook dei due arrestati. L’operazione è stata condotta dalla Digos di Milano secondo cui tra i due c’è stata "condivisione di video violenti, visualizzati da varie utenze di cui molte collocate in nazioni del Medioriente". Secondo l’accusa gli imputati erano "estremamente attivi nella propaganda e nel proselitismo digitale per conto dell’Isis, mettendosi a disposizione dell’organizzazione e finanziando cause di sostegno della stessa, alla quale avrebbero prestato giuramento di appartenenza e di fedeltà".
"Nosair è un padre di famiglia, non credo che sia un terrorista – ha dichiarato ieri il pm nella sua requisitoria, mentre il figlio dell’imputato ancora detenuto in carcere piangeva in aula –. Ma quei video sono stati scaricati e condivisi e io devo tutelare la collettività". Chiede invece l’assoluzione dell’imputato il suo legale, l’avvocato Vittorio Platì del foro di Catanzaro. "Le fonti di intelligence utilizzate non possono essere usate come prova del reato – ha detto il difensore dell’egiziano –. Inoltre non si può punire il solo proposito di partecipazione ad associazione con finalità di terrorismo se non è supportato da un atto materiale e per farlo devo avere i mezzi idonei, tutti elementi che mancano a riguardo della posizione concreta dell’imputato". La pubblica accusa ha chiesto anche la confisca del telefonino di Nosair e dei suoi profili social già sottoposti a sequestro dove, secondo l’accusa, "postava, anche in gruppi di centinaia di persone, audio e foto di propaganda sulla Sharia, video di attentati e decapitazioni, dispacci Isis su vittime militari e civili, con l’obiettivo di contrastare la religione cristiana". La sentenza dei giudici della Corte di Assise è stata fissata a fine mese.