Il segno indelebile di Sottsass

Scatti e testi del maestro. E vicino l’esposizione di Barbara Probst

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"Ettore, quando non sai più cosa fare, mettici un albero". Lo diceva a se stesso,

l’architetto Ettore Sottsass, sorridendo. Un albero va sempre bene. Piante, nel rinnovare la caffetteria della Triennale, ne hanno messe più di una, sul perimetro e tra i tavoli: Dieffenbachia spp, Chlorophitum comosum, Zamioculcas zamiliofolia, Dypsis Lutescens, Monsteria deliciosa ecc... Seguendo un progetto: "Applicare i principi di sostenibilità ed efficientamento energetico; rendere più comprensibile, attraverso le vetrate, l’abbraccio del parco Sempione". Al centro dello spazio, ripensato con il partner Lavazza, la prima di una serie di installazioni dedicate a natura e sostenibilità. E na’ tazzulella e cafè ha battezzato l’inaugurazione di due mostre fotografiche (da oggi al 22 maggio), ai lati del restyling. “Ettore Sottsass. Foto dal finestrino”, 26 scatti, brevi testi, da Ettore pubblicati su “Domus”. Dall’India a LA, da Bali a Hoctum, da Auckland a Milano. Qui, un’erbaccia spuntata sotto una colonna in via Broletto, suggeriva: "Sono sicurissimo che c’è un paradiso di prati infiniti per le erbe solitarie". In questo delizioso viaggio attraverso un mondo nascosto insieme a Sottsass che voleva "sentirsi natura" ma finiva col tornare fra i muri sporchi della città, una sosta davanti a un edificio in rovina: Ebro, 1972, ma potremmo aggiornare: Ucraina, 2022. Ahimè! Ettore si chiedeva come sarebbero arrivate le belle architetture di ferro e vetro in fondo alla scala del tempo. Invidioso di Michelangelo, che garantisce: "Una bella scultura può rotolare per le scale dal terzo piano ma resta sempre una bella scultura". Difficile competere. Ci prova l’artista tedesca con la mostra “Barbara Probst. Poesia e verità”, 24 opere per 91 immagini, ritratti, still life, nudi, scatti urbani, moda e reportage. La fotografa esplora tutti i generi, ritraendo lo stesso soggetto, nello stesso istante, facendo scattare simultaneamente otturatori di diverse telecamere. Visualizzare da punti di vista differenti crea la terza dimensione? Di sicuro, fa riflettere: ognuno vede il mondo in modo diverso. Anna Mangiarotti

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