Sedativi nella flebo in ospedale, uccide lo zio

Garbagnate, infermiere di 49 anni voleva scappare. Ora è ai domiciliari. Il dubbio degli inquirenti sul movente: caccia all’eredità o eutanasia

Indagano i carabinieri

Indagano i carabinieri

Garbagnate Milanese (Milano), 30 ottobre 2020 - Avrebbe somministrato una maxi dose di farmaci sedativi allo zio della moglie, un 87enne malato terminale ricoverato all’ospedale di Garbagnate Milanese, procurandone la morte. E quando ha intuito che i carabinieri stavano indagando su di lui ha prenotato un volo di sola andata per Parigi. L’uomo, L.P. 49enne di Paderno Dugnano, infermiere professionale e già operatore di rianimazione, è stato fermato dai carabinieri per omicidio volontario

Il provvedimento di fermo indiziario, emesso dal pm di Milano Nicola Rossato e dal procuratore aggiunto Laura Pedio, eseguito dai militari il 22 ottobre scorso, è stato convalidato dal gip, che ha disposto per l’indagato gli arresti domiciliari. Circa il movente dell’omicidio, due sono le ipotesi su cui gli inquirenti stanno ancora indagando: la volontà di porre fine alle sofferenze dell’anziano parente, oppure quella di intascare un’eventuale eredità in tempi brevi. Ai magistrati milanesi sono bastati 10 giorni di indagini per ricostruire la vicenda e risalire al presunto responsabile del delitto. L’inchiesta è iniziata il 12 ottobre scorso in seguito alla denuncia presentata da un medico dell’ospedale garbagnatese, secondo il quale l’87enne sottoposto a ventilazione polmonare meccanica ed in trattamento con terapia sedativa mediante l’utilizzo di una pompa ad infusione volumetrica, aveva verosimilmente ricevuto il 9 e il 10 ottobre un sovradosaggio di sedativi, dovuta alla manomissione del macchinario, alterazione ritenuta strettamente connessa con il decesso. 

I primi accertamenti hanno consentito di appurare che proprio nelle serate del 9 e 10 ottobre il personale medico aveva notato la presenza di un soggetto di un uomo che si prendeva cura dell’anziano, ritenuto dagli infermieri il nipote. Acquisita la cartella clinica del deceduto è emerso che i dati clinici erano coerenti con le dichiarazioni rese dai sanitari, cioè che le cure erano state somministrate secondo le indicazioni mediche e non vi erano state variazioni. É stata la successiva analisi del “data logger”, cioè del registro eventi del macchinario di infusione dei medicinali , a far emergere che in quelle due serate in realtà c’erano state delle infusioni di un quantitativo di medicinali a velocità notevolmente superiore a quella prevista dalla terapia prescritta al paziente. Insomma: i farmaci somministrati erano eccessivi rispetto alle dosi abituali. E letali. Le analisi dei filmati di videosorveglianza dell’ospedale, dei tabulati telefonici del cellulare dell’indagato, (che tra l’altro, vista la sua professione, conosceva il funzionamento della pompa di infusione) hanno consentito di stabile che in quei giorni era stato proprio il 49enne ad accudire la vittima e che era stato l’unico ad usare il pass rilasciato dall’ospedale per le visite all’87enne. 

A quel punto i carabinieri hanno iniziato a seguire gli spostamenti dell’indagato. Nella mattinata del 22 ottobre l’infermiere non si era presentato al lavoro e non aveva giustificato l’assenza: l’immediata analisi dei tracciati del dispositivo Gps installato sulla sua auto ha fatto emergere che era in sosta nel parcheggio dell’aeroporto di Linate. In effetti L.P. aveva prenotato un volo di sola andata per Parigi, ma dopo essersi recato nella zona d’imbarco, aveva deciso di rinunciare al volo ed era tornato nella sua abitazione a Paderno Dugnano, dove è stato fermato e dove ora è gli arresti domiciliari.   

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