Focolaio Covid: sei pazienti positivi in un reparto dell’Istituto Tumori

Casi rilevati fra i ricoverati in Urologia, i sindacati chiedono chiarimenti. I vertici: sanificata l’area, rispettate le regole. Niente infetti tra il personale vaccinato

L'Istituto dei tumori

L'Istituto dei tumori

Milano, 1 marzo 2021 - Focolaio di sei pazienti positivi in un reparto dell’Istituto nazionale tumori di Milano. E l’ospedale conferma di aver "riscontrato casi singoli di pazienti ricoverati presso lo stesso reparto, la Struttura complessa di Urologia". I pazienti, ricostruisce l’Irccs di via Venezian, erano risultati "tutti negativi al loro ingresso nella struttura ospedaliera, avvenuto tra 3 e 22 febbraio. Successivamente al ricovero, uno di questi pazienti - fa sapere l’ospedale - ha riferito di essere entrato in contatto nei giorni precedenti con una persona poi rivelatasi positiva al tampone per Covid". A seguito di questo, spiegano dall’Istituto, sono stati "effettuati i tamponi sui contatti e sono risultati altri 5 positivi".

"Per i pazienti Covid-positivi è stato definito per alcuni il trasferimento in altri ospedali che hanno dato disponibilità di posti letto in aree Covid, mentre altri sono stati dimessi con segnalazione ad Ats. Per procedura, al fine di permettere l’esecuzione della sanificazione del reparto", operazione avvenuta venerdì, "tutti gli altri pazienti sono stati trasferiti e isolati in stanze singole in altre due aree all’uopo destinate", dichiara l’Istituto Tumori.

Le organizzazioni sindacali, contattate in merito al focolaio, spiegano "di aver immediatamente chiesto chiarimenti". Sono stati sia l’Rls, (responsabile della sicurezza) Pasquale Brunacci, insieme ai componenti Sgb (Sindacato generale di base) della Rsu, a firmare la comunicazione indirizzata al direttore generale Stefano Manfredi e alla direttrice sanitaria Aida Andreassi, da circa un mese approdata all’Int. Prima era in assessorato regionale al Welfare e il suo nome figura fra quello dei dirigenti indagati nell’ambito dell’inchiesta in corso a Bergamo per chiarire le dinamiche che portarono alla chiusura e riapertura dell’ospedale di Alzano e alla mancata zona rossa per l’area nelle prime settimane dell’emergenza Covid. Sui casi rilevati fra i pazienti dell’Urologia, i rappresentanti sindacali chiedono a Manfredi e Andreassi "informazioni e dati dettagliati relativamente ai contagi al fine di verificare se sussistono uno stato di pericolosità sia per i lavoratori che per gli eventuali utenti della struttura" e chiedono "quali provvedimenti siano stati adottati".

A preoccupare il sindacato un aspetto: "Abbiamo verificato che in quei giorni 4 stanze in cui dovevano esserci al massimo due pazienti ne ospitavano 4. Queste stanze non hanno il bagno all’interno, e i pazienti sono costretti a ricorrere all’unico servizio igienico che si trova nel corridoio, esposto al passaggio e in situazione di promiscuità. Vogliamo essere certi che tutte le aree frequentate dai pazienti poi risultati positivi siano state prese in considerazione perché a noi risulta che i malati in questione siano stati in sala operatoria. Per noi non sono state pienamente rispettate le regole anti contagio e richiediamo approfondimenti, anche perché nell’ultimo periodo ci sembra sia stata abbassata un po’ la guardia". L’Istituto replica che "non sono emersi casi nel personale, sottoposto a vaccinazione". Quanto alle precauzioni, l’Irccs sottolinea di aver "attivato fin dall’inizio della pandemia una serie di misure per la prevenzione della diffusione del virus nell’ospedale. Visitatori e dipendenti sono tenuti a rispettare alcune regole quali il passaggio obbligato dalla zona-filtro, rilevazione della temperatura corporea attraverso termometro a infrarossi, sostituzione della mascherina con una nuova sterile e lavaggio delle mani con soluzione idroalcolica. I dipendenti a contatto coi pazienti adottano scrupolosamente tutti i dispositivi di protezione individuale e vengono sottoposti a uno screening regolare nell’ambito di un Programma di sorveglianza sanitaria che prevede l’esecuzione di tamponi ogni 15-20 giorni e che consente di identificare anche operatori che dovessero essere positivi asintomatici".

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