Frenate e feriti in metro, due casi e l’ipotesi malfunzionamento

L’episodio a Palestro identico a quello di Cairoli dello scorso febbraio

Soccorsi ai passeggeri della M1

Soccorsi ai passeggeri della M1

Milano, 16 novembre 2018 - Per capire quale sia la possibile causa delle brusche frenate che da mesi coinvolgono di tanto in tanto i treni della linea rossa della metropolitana, bisogna probabilmente concentrarsi più sull’episodio di Palestro che su quello di Uruguay. Sì, perché il primo (in realtà il secondo in ordine cronologico verificatosi nella giornata di ieri) è avvenuto quando il treno della M1 viaggiava in modalità automatica e a velocità normale, secondo quanto finora accertato da Atm; e non in modalità manuale e a tre chilometri in più del limite consentito per un «leggero dislivello» sfuggito al macchinista, come nel caso dell’incidente che in mattinata ha provocato 17 contusi (compresi due bambini di 8 e 10 anni), di cui il più grave portato in ospedale con una sospetta frattura alla gamba.

Se le informazioni della prima ora sono corrette, l’episodio di Palestro ricalca esattamente quello avvenuto alla stazione Cairoli della M1 il 15 febbraio. Quel giorno, un mezzo che viaggiava in direzione Sesto San Giovanni inchiodò di colpo, causando la caduta di più passeggeri all’interno dei vagoni (nove contusi, di cui cinque portati in ospedale in codice verde). Cos’è successo in entrambi i casi? È possibile che i due incidenti siano stati indirettamente originati da un malfunzionamento del sistema di sicurezza che veglia sulla circolazione dei treni della rossa? Prima di provare a rispondere a questo quesito, è necessario spiegare il funzionamento della linea rossa, sulla quale viaggiano i treni Leonardo acquistati per l’Esposizione universale del 2015. Tecnologicamente più avanzati di tutti gli altri locomotori della flotta Atm, i Leonardo sono dotati di un sistema di sicurezza che prevede l’intervento di un freno automatico, non azionato dal macchinista, in caso di problemi. Più nel dettaglio, al livello dei binari sono posizionate boe che monitorano la velocità alla quale viaggiano i convogli, in modo da verificare in tempo reale se la velocità di marcia sia quella corretta per poter mantenere tra un treno e l’altro la distanza necessaria al rispetto delle frequenze prestabilite senza che venga meno la sicurezza. Sulla linea rossa, nella fascia di punta mattutina, c’è un convoglio ogni 90 secondi, e la boa si accerta che tale cadenza sia garantita senza controindicazioni di alcun tipo. Queste boe, attraverso un cervellone informatico, dialogano con i treni.

E siamo al punto-cardine. Non è escluso che le brusche frenate siano causate da un malfunzionamento del sistema, o meglio da una non corretta «comunicazione» tra il sistema periferico e quello centrale; come se a volte il software smettesse di «leggere» la posizione dei convogli lungo le tratte, perdendone di fatto la collocazione sulla mappa, e reagisse con un input di arresto immediato, per non correre pericoli. La frenata è repentina perché tempo e spazio di frenata nelle ore di punta, con una corsa ogni minuto e mezzo, non sono proprio dei più clementi. Nel caso di febbraio a Cairoli, una boa aveva inviato al Leonardo poi arrestatosi di colpo un segnale di rinvenuta anomalia, che aveva a sua volta innescato il freno automatico. All’epoca, stando a quanto eravamo riusciti a ricostruire, avevamo scritto: «La boa avrebbe rilevato un’anomalia che non c’era». Ecco: le anomalie «che non ci sono» potrebbero essere originate proprio dai temporanei malfunzionamenti del software.

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