Esplosione di piazzale Libia, Adam Serdiuchenko giura: "Mai pensato al suicidio"

Il barman 31enne, sopravvissuto per caso all’esplosione del suo appartamento. è accusato di aver staccato il tubo del gas nel tentativo di togliersi la vita. Ma lui non ci sta: "Fu un incidente"

I vigili del fuoco intervenuti due anni fa in piazzale Libia per l’esplosione

I vigili del fuoco intervenuti due anni fa in piazzale Libia per l’esplosione

Milano - Non ha mai pensato di suicidarsi, nemmeno quella mattina con il gas. E l’esplosione nel suo appartamento di piazzale Libia 20, giusto due anni fa, non derivò dal suo tentativo di togliersi la vita ma fu una drammatica casualità. È vero che il tubo del metano venne trovato staccato, ma Adam Serdiuchenko, 31 anni, il giovane barman di origini ucraine rimasto per mesi tra la vita e la morte, assicura che lui non c’entra: a staccare il tubo dal rubinetto dev’essere stata l’esplosione, colpa probabilmente di una fuga di gas da qualche fornello. E all’udienza preliminare fissata per l’otto settembre davanti al gip Sonia Mancini, non è detto che il suo avvocato Francesco Isolabella chieda il processo con rito abbreviato e lo sconto automatico di un terzo sull’eventuale pena. Adam, che per le terribili ustioni ha perso l’uso delle mani e in parte delle gambe - ma è sopravvissuto - potrebbe anche decidere di difendersi davanti al tribunale.

Gesto volontario o incidente?

Chiuse le indagini, dagli accertamenti condotti dai vigili del fuoco e dai consulenti tecnici della procura parrebbe non esserci dubbio sul fatto che il distacco del tubo sia stato un gesto volontario. Ma dopo essere rimasto per mesi in coma aggrappato alla vita, da quando riprese a comunicare Adam non ha mai saputo (o potuto) chiarire cosa sia successo esattamente quel 12 settembre 2020 nel bilocale al piano terra in zona Porta Romana, quando una fragorosa esplosione intorno alle 7.15 squarciò il silenzio di un sabato mattina come tanti. Il pm Mauro Clerici, anche considerando che l’esplosione non provocò né morti né altri feriti, ha contestato al ragazzo non l’ipotesi di strage ma quella meno grave di incendio doloso. Ora però il giovane respinge l’accusa di aver tentato il suicidio in quel modo spericolato.

Dopo (e prima) l'esplosione

In ospedale, quando si riprese un po’, ricevette per qualche per qualche minuto la visita di Aly Harhash, l’uomo che quel giorno lo soccorse salvandogli la vita. Il 61enne di origine egiziana, che gestisce una piccola ditta di pulizie e piccole ristrutturazioni, fu il primo a trovarsi sul posto e non ebbe esitazioni a prendere due coperte dal suo camion e poi a entrare nell’abitazione invasa da fumo e fiamme. Adam, barman di professione, era da qualche mese responsabile di sala al Martini Bistrot di corso Venezia. Infanzia difficile in un orfanotrofio dell’Ucraina, il ragazzo approdò a Lodi grazie a una coppia che gli permise di studiare. Nel privato, aveva interrotto da poco una burrascosa convivenza con il suo compagno dopo frequenti liti che avevano anche comportato per Adam a qualche medicazione al pronto soccorso. 

 

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