Elezioni regionali, Maroni verso la rinuncia: in pole c’è il leghista Attilio Fontana

L’annuncio al vertice di Arcore. In giornata il governatore scioglie il nodo

l governatore leghista della Lombardia Roberto Maroni

l governatore leghista della Lombardia Roberto Maroni

Milano, 8 gennaio 2018 - Colpo di scena. Roberto Maroni è pronto a rinunciare alla ricandidatura alla presidenza della Regione Lombardia alle elezioni del 4 marzo, al suo posto potrebbe correre l’ex sindaco di Varese Attilio Fontana, 65 anni, leghista di lungo corso. La notizia arriva come un fulmine a ciel sereno, o quasi, al termine del vertice di ieri ad Arcore tra i leader del centrodestra Silvio Berlusconi (FI), Matteo Salvini (Lega) e Giorgia Meloni (FdI) e rimescola le carte della politica regionale lombarda in vista delle elezioni del 4 marzo. Sì, perché nel centrodestra, in attesa che oggi Maroni – prima in Giunta regionale alle 11 e poi in una conferenza stampa convocata alle 12 – dica l’ultima parola sul suo futuro, parte subito il toto-candidato governatore. Il nome in pole position è Fontana. È quello dell’ex consigliere regionale ed ex sindaco di Varese il nome che secondo alcune indiscrezioni Salvini avrebbe messo subito sul tavolo ieri pomeriggio ad Arcore. Sì, perché il passo indietro di Maroni viene dato per scontato e la nota vergata ad Arcore alla fine dell’incontro lo fa intendere a chiare lettere: «Per quanto riguarda la Lombardia, se davvero il presidente Maroni per motivi personali non confermasse la disponibilità alla ricandidatura, verrebbe messo in campo un profilo già comunemente individuato». In molti, in FI e Lega, sostengono che «il profilo individuato» sia quello di Fontana, anche se circolano ancora un altro paio di ipotesi: la parlamentare forzista ed ex ministro Mariastella Gelmini il deputato leghista e braccio destro di Salvini Giancarlo Giorgetti.

Un toto-governatore che il centrosinistra segue con grande attenzione, perché in caso di rinuncia di Maroni, dato in vantaggio dai sondaggi, i giochi per Palazzo Lombardia potrebbero riaprirsi. Non a caso il segretario del Pd Matteo Renzi, con un tweet, rilancia subito la corsa del candidato democratico Giorgio Gori a Palazzo Lombardia: «Forza Giorgio!». Il diretto interessato, già in campagna elettorale, per ora non commenta, prima vuole ascoltare le parole di Maroni. Il segretario regionale del Pd Alessandro Alfieri, invece, va all’attacco: «Degli anni di amministrazione Maroni abbiamo un giudizio chiaro, negativo. Tuttavia il nostro avversario è il centrodestra, che si chiami Maroni, Gelmini o chiunque altro, e che siano ragioni personali o alchimie romane a definire chi sarà il loro portabandiera non cambia il nostro percorso e il nostro impegno». Il segretario milanese dei democratici Pietro Bussolati rincara la dose: «Dietro ai “motivi personali’’ ci sono tutti i fallimenti della Giunta Maroni». L’assessore milanese del Pd Pierfrancesco Majorino, intanto, fa un passo in avanti: «La partita in Lombardia (che tutti davano per persa) può riaprirsi. Ma perché accada si deve ricostruire un’alleanza, subito. Sarebbe folle non usare questa occasione». Una nota di Liberi e Uguali, però, gela l’ipotesi di un centrosinistra unito in caso di passo indietro del governatore uscente: «Maroni o un altro candidato fa poca differenza». Pronto un candidato alternativo a Gori e al successore di Maroni. Il consigliere regionale del M5S Stefano Buffagni, infine, parla di «inaccettabili tatticismi e i giochi di potere sulla pelle dei lombardi. L’unica soluzione è una Lombardia con Dario Violi», il candidato governatore grillino.

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