I signori della droga: prendiamoci tutti i boschi

Venti arresti nella gang italo-albanese che voleva rifornire di eroina e coca tutta la Lombardia "con le buone o con le cattive"

Le attività della banda sono state seguite e documentate per mesi dalla polizia

Le attività della banda sono state seguite e documentate per mesi dalla polizia

Milano - "Bisogna che prendiamo tutti i boschi, con le buone e con le cattive... bisogna andargli... anche armati magari... da loro... bisogna prendere tutto ciò che hanno lì... Gli si dice “Cos’è questa? Vuoi lavorare con noi oppure vuoi che non vi lascio lavorare per niente?“ Se siamo in tre, un’arma, due bastoni... sia con le buone che con le cattive li possiamo mandare a quel paese...".

Forse basta questa frase di Artan Aliaj detto 'Tani' per comprenderne la feroce determinazione, che peraltro pretendeva pure dai suoi imponendo regole di vita ferree e punizioni esemplari per chi esagerava con alcol e coca: l’albanese di 43 anni voleva a tutti i costi aumentare il numero di piazze di spaccio, "mettendo fuori gioco i concorrenti" in ogni modo. Era lui il capo, secondo le indagini, dell’organizzazione criminale smantellata ieri dagli investigatori della Squadra mobile di Milano, coordinati dai magistrati della Dda di Brescia: i 20 destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare (15 in carcere e 5 ai domiciliari), emessa dal gip Matteo Grimaldi su richiesta del pm Roberta Panico, sono ritenuti parte di un’associazione a delinquere specializzata nello smercio al dettaglio di ingenti quantitativi di eroina e cocaina. I presunti componenti della banda avrebbero usato anche il metodo mafioso per imporre il loro predominio, un’aggravante che di rado viene contestata a gruppi che non hanno tra le loro fila personaggi di cui è stata già accertata l’appartenenza o l’intraneità ai clan.

Due gli episodi valorizzati dal gip per giustificare questa scelta e per dare atto del "delirio di onnipotenza raggiunto da taluni membri del gruppo". Il primo ha visto come protagonista l’altro presunto leader, Engjell Kampo detto "Ciapi", che la notte tra il 2 e il 3 novembre 2019 ha esploso una raffica di colpi di arma da fuoco all’esterno di una discoteca di Treviglio solo perché poco prima gli addetti alla sicurezza gli avevano negato l’accesso. Il secondo: il pestaggio di un pusher marocchino avvenuto il 17 novembre 2019, ordinato da "Tani" per punire un ammanco di soldi. L’indagine degli agenti della Narcotici di via Fatebenefratelli, guidati dal dirigente Marco Calì e dal funzionario Domenico Balsamo, è partita da Pioltello tre anni fa e pian piano ha risalito la piramide, scoprendo che gli albanesi avevano il sostanziale monopolio nella Bassa bergamasca (da Fontanella ad Antegnate, da Isso a Bariano, da Fara Olivana a Covo) e che si erano allargati nelle aree di Corsico e di Solaro e Gaggiano, con clienti anche a Bolzano, Pesaro e Perugia.

L’organizzazione aveva a disposizione armi: da quella utilizzata da "Ciapi" a Treviglio alla scacciacani con canna e cane modificati per sparare proiettili veri, fino alla semiautomatica Tanfoglio calibro 9x21 nascosta tra i pacchi di pasta su un autobus partito da Lampugnano e sequestrata prima che il carico venisse imbarcato a Brindisi. C’erano ruoli ben precisi da rispettare: Giuseppe Maria B. e Nicola R., 35 e 37 anni, erano gli assaggiatori della droga, mentre Rrezart K. era l’uomo delle consegne. E poi c’erano le donne, ex mogli o fidanzate dei narcos (4 sono finite in cella e 2 ai domiciliari): spesso al fianco dei rispettivi compagni nell’attività illecita quotidiana, si occupavano di nascondere e gestire le partite di droga. Nel corso dell’inchiesta, durata circa due anni, i poliziotti dell’Antidroga hanno arrestato 15 persone in flagranza e sequestrato complessivamente 1,4 chili di cocaina, circa 14 di eroina, 100 di sostanza da taglio e 17.500 euro.  

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