Disabilità, ok alla legge sui caregiver. Le associazioni protestano: così non va

Il Consiglio regionale approva all’unanimità. Confad e le onlus delle famiglie: "Provvedimento sbagliato. Non siamo volontari e bisogna distinguere tra chi convive con un proprio caro non autosufficiente e chi no"

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di Giambattista Anastasio

Le associazioni che riuniscono le famiglie delle persone con disabilità ritengono che non sia una buona legge. Ma riconoscono l’apertura al dialogo dimostrata ieri dalla relatrice del provvedimento – la consigliera regionale di Forza Italia, Simona Tironi – e confidano, quindi, che il lavoro sia solo all’inizio. La stessa Tironi rimarca, però, "che questa legge include quanto di meglio possa fare la Regione in assenza di un analogo provvedimento nazionale". E come la Tironi la pensano, in sostanza, tutte le forze politiche che siedono in Consiglio regionale. Sì, perché la legge approdata ieri al Pirellone nasce dall’incontro di testi diversi, proposti in tempi diversi e da partiti diversi: il primo fu il Pd nella scorsa legislatura. Per questo è stata approvata all’unanimità. E riguarda i caregivers famigliari: quanti si prendono cura in modo continuativo di un proprio caro non autosufficiente, ad esempio un figlio o un genitore con disabilità grave.

Confad (Coordinamento nazionale delle famiglie con disabilità) insieme ad altre associazioni (Nessuno è Escluso, Mondo Charge, First, Famiglie Disabili Lombarde, Abilità Diverse, Coordinamento Genitori Centri diurni Disabili, In cerchio, Sotto lo stesso cielo, Mondo Abaut, Il Balzo) hanno organizzato ieri mattina un presidio di protesta davanti al Pirellone. Da qui l’incontro avuto con Tironi. Ad esporre le criticità della legge sono Teresa Bellini, referente lombarda di Confad, Fortunato Nicoletti, vicepresidente di “Nessuno è Escluso“ e Fabio Cernuschi, del Coordinamento Genitori Cdd Milano. Primo nodo: la legge lombarda trasforma il caregiver famigliare in un volontario, afferma che caregiver è colui che "per propria scelta" assiste un parente non autosufficiente. "Ma – insorgono le associazioni delle famiglie – si tratta di una scelta obbligata e che assorbe tutta la quotidianità del caregiver, a differenza del volontariato, che si fa come e quando si vuole". Secondo nodo: la legge lombarda non vincola il riconoscimento dello status di caregiver al requisito della convivenza con la persona non autosuffciente. "In questo modo – sottolineano ancora i tre rappresentanti delle associazioni già citate – coloro che tutti i giorni stanno sotto lo stesso tetto col proprio caro non autosufficiente sono equiparati a chi, ad esempio, lo assiste per i 3 giorni previsti, ogni mese, dalla legge 104, affidandosi ad altri per il resto del tempo".

Non è finita. La legge lombarda non contempla la possibilità che il caregiver famigliare abbia un vice, un sostituto altrettanto riconosciuto, col quale potersi alternare nell’assistenza al proprio caro. Al tempo stesso, però, prescrive ai caregiver corsi di formazione "che – fanno presente le associazioni – non avremo il tempo di fare se non possiamo contare su sostituti", sempre ammesso e non concesso che siano utili a chi già da anni ha dovuto imparare da autodidatta a far fronte a certe necessità. Il provvedimento rischia, infine, di unire sotto l’etichetta del socio-assistenziale figure diverse (badanti, operatori socio sanitari e, appunto, caregivers) col risultato che fondi non ingenti debbano essere divisi tra profili che non rispondono allo stesso bisogno. Al di là di quanto già previsto e finanziato dal Fondo nazionale per la non autosufficienza, la legge regionale stanzia 900mila euro complessivi per il prossimo triennio. Poco. E si tratta di risorse per lo più destinate a finanziare una formazione che le associazioni non ritengono necessaria e un supporto psicologico per i quali spesso i diretti interessati non hanno tempo perché privi di vice. Samuele Astuti, consigliere regionale del Pd, evidenzia il tema: "Risorse insufficienti".

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