Simonetta Aramu, delitto senza colpevole. Il figlio scagionato dal Dna su un capello

Il 18 dicembre 1992 viene trovata morta soffocata con una calza di nylon. L’unico indizio non inchioda nessuno. L’omicidio viene archiviato come aggressione a sfondo sessuale

L'articolo de Il Giorno del 19 dicembre 1992

L'articolo de Il Giorno del 19 dicembre 1992

Milano - Simonetta Aramu, 37 anni, vedova, viene trovata morta il 18 dicembre del 1992 nel suo modesto bilocale, al secondo piano di via Oxilia 7, zona viale Monza, quando NoLo era solo un crocevia di gente ai margini. Simonetta è stata strangolata. Chi la voleva morta le ha stretto forte al collo un paio di collant gialli di nylon.

Ha un figlio Simonetta, si chiama Morgan Marinoni, 17 anni, metà dei quali passati all’orfanotrofio dei Martinitt, dopo la morte del padre in un incidente stradale quando lui aveva solo pochi mesi, e poi subito a convivere con la fidanzata e i genitori di lei in via Varanini. Perché uscito dai Martinitt, quella madre che lo aveva abbandonato, pur se per necessità, la "odiava", come racconterà lui agli uomini della squadra Omicidi.

Primo sospettato e unico indagato, un travagliato iter processuale, Morgan confessa, ritratta e viene assolto. A scagionarlo una superperizia su un capello trovato impigliato nelle calze di nylon che non apparteneva né a lui, né alla madre. Così il delitto Aramu fu archiviato come una aggressione a sfondo sessuale, di un anonimo uomo, forse addirittura entrato con l’intenzione di una rapina. E dimenticato fra i fascicoli senza futuro.

La sua breve e sfortunata vita Simonetta l’aveva vissuta tutta fra via Oxilia, via Venini, dove lavorava come domestica, via Varanini dove viveva il figlio, nella casa dei genitori della fidanzata, e via Ferrante Aporti dove aveva casa Nunzia, la sua migliore amica.

Il pomeriggio del 18 dicembre, pochi giorni prima di Natale, Nunzia, come sempre, va a bussare alla sua porta, prova a chiamarla al telefono, risponde una voce maschile, riattacca pensando di avere sbagliato numero. Torna in via Oxilia a vede la porta socchiusa, va a chiamare due vicine.

Accendono la luce della camera da letto, Simonetta è in ginocchio, sul pavimento, appoggiata con la schiena al letto e i collant di nylon gialli stretti al collo. Simonetta conosceva il suo assassino, gli ha aperto la porta, le chiavi erano all’interno della toppa. Felice Lo Grippo, il fidanzato, fattorino in viale Sarca, viene sentito subito come persona informata dei fatti. Ammette una relazione "tossica" fatta di tradimenti reciproci, tante liti e tanto alcol, ma ha un alibi di ferro: un cartellino timbrato quel giorno alle 7.46, un pranzo in mensa con testimoni e un altro cartellino timbrato alle 18 in punto.

Così la polizia cerca il figlio Morgan, che viene convocato in via Fatebenefratelli: accampa un alibi debolissimo. Dice che ha dormito tutto il giorno a casa della fidanzata, nel letto, con la suocera, come era solito fare, in un mènage piuttosto ambiguo. Lei testimonierà a sua favore. Morgan parla davanti ai poliziotti, insiste, poi crolla: "Non so perché, ma abbiamo discusso, mia mamma era ubriaca, mi ha dato del drogato e del ladro: le ho fatto pagare tutto, parlava male di me con la mia fidanzata e i miei amici".

Morgan si sfoga, racconta delle botte prese fin da bambino, dice che la mamma non lo ha mai voluto, lo ha sempre umiliato e l’ha abbandonato. E che da lui voleva sempre e solo soldi. Il tribunale dei Minori dispone il fermo. Poi, due mesi dopo, dal Beccaria, Morgan ritratta, dice che lui è innocente, che si è inventato tutto, che è stato costretto a dire così, che è stato un amico di sua mamma ad ucciderla, un tipo poco raccomandabile di Buccinasco. E d’altra parte la storia che voleva Morgan assassino ha troppi buchi. Nessuno lo ha visto entrare e uscire dalla casa della madre, lui aveva le chiavi. Disse di essere entrato in casa arrampicandosi su una grondaia fino al primo piano. Ricostruzioni inverosimili, nessuna traccia lasciata da lui sulla scena dell’omicidio. Le indagini ripartono.

In aula sarà l’avvocato difensore del ragazzo che si gioca la carta vincente, una superperizia stilata nientemeno che dal genetista Aldo Spinella, l’esperto che dalle analisi dei mozziconi di sigaretta sulla collina di Capaci risalì ai killer della strage di Giovanni Falcone. C’era un capello impigliato nelle calze della vittima, ma non era di Simonetta e neanche di Morgan. Basterà questo, unito al dubbio che i poliziotti possano aver estorto la confessione a un ragazzo fragile per assolvere Morgan e lasciare l’assassino della madre senza un volto.

(2 - Continua)

 

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