Dalla missione in Iraq all’incubo Covid: "Riabbraccio i miei figli dopo 10 mesi"

L’odissea del maresciallo dell’Esercito Massimo Testa, risultato positivo al test dopo il rientro in Italia. La lunga quarantena all’Ospedale militare di Baggio

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di Marianna Vazzana

"Il dono più bello è stato l’abbraccio della mia bambina più piccola, Sofia, che compirà 5 anni a dicembre. Appena mi ha visto, è rimasta con la bocca aperta, meravigliata come se avesse davanti un fantasma, e poi si è stretta a me. Il momento più emozionante". Venerdì è stato il suo giorno di Natale, una festa che sognava da più di 10 mesi, da quando il suo papà, Massimo Testa, maresciallo ordinario dell’Esercito di 48 anni, era partito per una missione in Iraq. Una missione cominciata il 7 dicembre del 2019 e che sarebbe dovuta durare 6 mesi.

Poi si è messo di mezzo il Covid: prima i voli cancellati, poi la scoperta di essere positivo al tampone. Dopo la quarantena di un mese e mezzo, "perché non riuscivo a negativizzarmi", trascorsa al Centro ospedaliero militare di Baggio nella caserma Annibaldi di via Saint Bon, l’incubo è finito. "Venerdì scorso – racconta Testa – sono tornato a casa. Finalmente". Nel Comune dei Santi Cosma e Damiano che è in provincia di Latina: "A distanza di una settimana, ancora non mi sembra vero". A poco a poco, il militare vuole riconquistare la sua normalità, tornare alla vita di sempre, anche se con l’emergenza sanitaria in corso dovrà attendere ancora, come tutti. "Essere con la mia famiglia è un grande passo avanti. Ho desiderato rivedere mia moglie e i miei bambini più di ogni altra cosa durante i mesi di lontananza", sottolinea il maresciallo, padre di tre figli: oltre a Sofia, ci sono la primogenita Vincenza, che ha 16 anni, e Francesco, di 14. Al suo fianco la moglie Maria, che lo ha atteso come fosse Ulisse, di ritorno a casa dal suo viaggio lunghissimo. Il maresciallo Testa ripercorre con la mente il periodo trascorso da malato: "Sono rientrato in Italia il 1° settembre all’aeroporto militare di Pratica di Mare, a 20 chilometri da Roma. Lì ho scoperto di essere positivo asintomatico. Questo ha per forza prolungato il periodo di distacco dai miei cari. Non necessitavo di ricovero, ma avevo bisogno di un luogo per seguire le terapie in isolamento. E sono stato destinato all’ospedale militare di Baggio, a Milano". Entrato il 3 settembre, è uscito il 16 ottobre: c’è voluto un mese e mezzo perché il Covid non lo perseguitasse più. "Il 9 ottobre mi sono illuso perché finalmente un tampone aveva dato un risultato negativo. Mi aspettavo le dimissioni a breve, dopo quasi 40 giorni di permanenza. E invece il giorno dopo il responso è stato debolmente positivo. Quello è stato uno dei momenti più duri, perché sono piombato nello sconforto, ma per fortuna la mia famiglia mi è rimasta sempre vicina anche a distanza, tramite videochiamate quotidiane su WhatsApp".

A Baggio, poi, dice di aver trovato una seconda famiglia: "Non c’era un rapporto paziente-dottore ,ma mi sentivo tra amici. Questo ha fatto la differenza, non mi sono mai sentito solo. E nella struttura avevo ogni servizio, dal wi-fi alla televisione. Potevo anche uscire in giardino, in una parte recintata, per passeggiare e prendere aria". Adesso "voglio solo recuperare il tempo perduto, stando il più possibile con i miei figli".

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