Cyberviolenze durante la Dad, una su 4 a Milano

La Fondazione Carolina: richieste d’aiuto aumentate di cinque volte. Ma riaprire le scuole in presenza non sana queste ferite

di Marianna Vazzana

Prima i bambini e i ragazzi lasciati davanti agli schermi durante i lockdown. Ora, il braccio di ferro tra scuola in presenza o Dad per contenere il numero dei contagi. "La scuola in presenza nasconde in realtà l’assenza di programmazione istituzionale. Triste che le aule siano state riaperte nonostante i rischi legati alla diffusione dei contagi tra i più giovani, ritenuto il “male minore“ rispetto alla prospettiva di dover posticipare le lezioni in presenza senza sapere come gestire un esercito di studenti liberi di circolare e di contagiarsi. Ma i ragazzi? Le istituzioni devono rimetterli al centro, con politiche lungimiranti e, perché no, creando un Ministero dei Bambini", chiede la Fondazione Carolina, onlus impegnata per il benessere dei minori, dentro e fuori la rete internet, che denuncia l’assenza di programmazione rispetto ai nuovi bisogni di bambini e adolescenti.

È la fondazione voluta da Paolo Picchio, il papà di Carolina, che si tolse la vita a 14 anni nel gennaio di 9 anni fa perché vittima di cyberbullismo, a elencare alcuni dei disturbi emersi nei giovanissimi in questo tempo di pandemia: crisi di panico, inappetenza, apatia, alienazione e dipendenza da web. Nei lunghi mesi della didattica a distanza, gli episodi di cyberbullismo e violenza on line sono aumentati, stando alle richieste di aiuto ricevute dalla fondazione nei periodi di restrizioni più pesanti: aumentate fino a 5 volte rispetto al 2019, prima del Covid. Un picco di 300 al mese a fronte di una media di 50 richieste pre-pandemia. E, solo nel 2021, il servizio Re.Te (Rescue Team) di Fondazione Carolina per il supporto immediato e multidisciplinare nei casi di cyberbullismo e violenza online ha attuato 23 interventi su tutto il panorama nazionale.

Circa il 25% riguarda la Lombardia, in particolare Milano e hinterland. Durante i periodi di lockdown, la fondazione aveva già reso nota la natura delle segnalazioni: il 40% riguardavano il bullismo tradizionale; il 35% quello verso docenti e lo zoombombing (l’intrusione indesiderata di estranei durante le lezioni a distanza), il 10% la creazione di gruppi illegali di Telegram. Ancora: il 6% il sexting (l’invio di messaggi, testi o immagini sessualmente espliciti on line). Il 4% verteva invece sulla richiesta di informazioni nel rapporto tra genitori e figli, il 3% su problemi di revenge porn (la condivisione pubblica di immagini o video intimi senza il consenso dei diretti interessati) e il 2% sull’adescamento.

Per la fondazione "le istituzioni hanno ignorato i bisogni dei nostri ragazzi, la fascia di età più colpita dalla pandemia. I malesseri emergono anche nei recenti episodi di violenza, dalle risse della scorsa estate alle molestie di Capodanno in piazza Duomo". La fondazione aggiunge che "gli stessi dati diffusi in queste settimane dal Ministero dell’Istruzione dicono che appena il 20 per cento degli studenti saprebbe riconoscere il referente scolastico per il cyberbullismo all’interno della propria scuola.

Un dato che chiarisce la distanza tra le politiche annunciate a sostegno delle famiglie e la reale condizione delle nuove generazioni. Bambini e teenager che si sono visti negare dal Covid i propri punti di riferimento, a partire dalla scuola".

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