Covid Lombardia, i contagi scendono per la prima volta

L’incidenza del virus cala in Regione. Poche infezioni anche a scuola in quasi tutte le fasce d’età

I medici raccomandano di mantenere le precauzioni anche se è finito lo stato di emergenza

I medici raccomandano di mantenere le precauzioni anche se è finito lo stato di emergenza

Come si comporta il coronavirus, a una settimana dalla fine dello stato d’emergenza pandemica in Italia? Continua a diffondersi, certo, coi numeri mai visti prima dell’arrivo di Omicron e delle sue sottovarianti, contagiose come il morbillo: in Lombardia la prima settimana post-emergenza ha viaggiato a ritmi abbastanza analoghi alla precedente, con botte di oltre novemila casi quotidiani nei giorni “normali” (cioè ad eccezione delle domeniche e dei lunedì, che scontano il rallentamento festivo dei test, e dei martedì che lo recuperano superando puntualmente la media), rallentando a 8.681 venerdì e a 8.540 sabato, ma con un tasso di positività in salita dall’ordine del 12 a quello del 13% dei test. Le nuove infezioni, a scorrere il report del Welfare regionale di venerdì scorso, continuano a pescare una volta su cinque nella risicata platea dei non vaccinati (il 22% dei nuovi positivi, compreso un 4% di reinfettati), e per un altro 64% tra persone che hanno completato il primo ciclo vaccinale da più di sette mesi e non si sono fatti iniettare la dose booster.

E però , a scorrere i grafici del medesimo report, si nota che la curva dei contagi, tornata a salire dopo la prima settimana di marzo, si sta appiattendo: il virus continua a crescere, ma rallenta. Lo conferma l’incidenza, cioè i nuovi casi settimanali ogni centomila abitanti, che al monitoraggio di venerdì scorso dell’Istituto superiore di sanità (basato sui numeri di giovedì) in Lombardia era a 570,3, in calo rispetto al 580,4 della settimana precedente, invertendo un trend di risalita iniziato, in tutta Italia, la prima settimana di marzo. L’incidenza calcolata dalla Regione l’indomani era scesa ancora, a 563. Quanto agli ospedali la Lombardia, col 10,4% dei letti in area medica e il 2,2% di quelli in terapia intensiva occupati da positivi al Covid, resterebbe ampiamente in zona bianca anche se la fine dello stato d’emergenza non avesse archiviato il sistema semaforico. I ricoverati nei reparti non intensivi ieri erano 1.079, in calo di 29 rispetto a sabato ed è il terzo segno meno questa settimana, che pure martedì aveva segnato quota 1.159: un “picco” relativo da quando i ricoveri in area medica, un mese fa, sono tornati ad aumentare in scia al rimbalzo del virus. Lentamente, dato che i letti occupati martedì erano appena 338 più degli 821 cui si era fermata la discesa della quarta ondata (le ondate pre-vaccinazioni di massa segnavano aumenti simili anche in ventiquattr’ore). Quanto ai ricoverati per Covid in rianimazione, la ripresa dei contagi non ne ha interrotto la discesa: ieri in tutta la Lombardia erano 43, più tre in ventiquattr’ore ma quasi metà di un mese fa, e mercoledì scorso hanno toccato quota 35.

C’è un terzo segno di frenata, e riguarda le scuole. Non tanto per le 233 classi e i 3.053 studenti più cinque lavoratori che a domenica 3 aprile risultavano in quarantena “da contatto” in Lombardia, meno e molto meno di metà rispetto alla settimana precedente: dal 1° aprile la quarantena scatta ovunque al quarto positivo in una stessa classe e si fa in presenza indossando, solo gli ultraseienni, la mascherina Ffp2 per dieci giorni, con test solo in caso di sintomi. In Dad (se se la sentono) vanno solo i positivi, e nell’ultima settimana dell’emergenza, dal 28 marzo al 3 aprile, è toccato (potenzialmente, non tutti i bimbi vanno all’asilo) a 11.615 under 18 in Lombardia, certifica l’ultimo monitoraggio dell’assessorato al Welfare di Letizia Moratti. Certifica anche un’altra cosa: i contagi nella popolazione in età scolastica, rispetto alla settimana precedente, calano per quasi tutte le fasce d’età tranne i piccolissimi sotto i due anni (+4,7%); tra i bimbi di 3-5 anni diminuiscono del 14,2%, per quelli delle elementari (che restano i più colpiti dal virus, con un’incidenza di 862 casi settimanali per centomila) scendono del 7,6%, alle medie del 5,3% e alle superiori del 2,5%. Tra i ragazzi di 14-18 anni i casi sono in discesa già da due settimane (dell’8,7% rispetto alla terza di marzo): sono i più vaccinati e furono loro, a gennaio, ad “anticipare” la rapida decrescita imboccata dalla quarta ondata prima del rimbalzo marzolino.

 

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