Covid, la battaglia di 600 famiglie Chiesti danni per 160 milioni di euro

Il ricorso collettivo per accertare le responsabilità civili delle istituzioni per i morti nei primi mesi del 2020 . L’udienza fissata per gennaio 2023, quando saranno trascorsi tre anni. "Non dimenticate le vittime"

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di Andrea Gianni

Al nucleo iniziale di famiglie che hanno perso genitori, figli o parenti stretti se ne sono aggiunte tante altre, fino ad arrivare a un totale di 600. E la richiesta di risarcimento dei danni non patrimoniali, avanzata nei confronti di Governo, ministero della Salute e Regione Lombardia, ha raggiunto una cifra da capogiro: 160 milioni di euro per "inadempienze ed errori" nella gestione della pandemia, quando prima in Lombardia e poi in tutta Italia è dilagato il contagio. L’emergenza sanitaria ha lasciato uno strascico giudiziario con un maxi-ricorso collettivo davanti al Tribunale di Roma che, se accolto, potrebbe tradursi in una stangata senza precedenti per le istituzioni in campo nei primi mesi del 2020. Alla base c’è un lavoro certosino per raccogliere le testimonianze di chi ha perso i propri congiunti dopo infinite sofferenze in casa, negli ospedali o nelle residenze sanitarie per anziani. E più in generale una battaglia per "non dimenticare" le vittime della pandemia, e per imparare dagli errori del passato. Il ricorso, però, deve fare i conti anche con i tempi lunghi della giustizia. La prossima udienza è stata fissata per il 25 gennaio dell’anno prossimo, quando la causa dovrebbe entrare nel vivo. Nel frattempo i legali delle famiglie e i consulenti stanno lavorando a una corposa relazione tecnica, e hanno messo sul tavolo un faldone di documenti di oltre duemila pagine, a disposizione dei giudici.

Oggetto del procedimento la gestione della pandemia e "l’assoluta inesistenza del piano" che, secondo i ricorrenti, "sarebbe dovuto essere redatto in base ad una decisione del parlamento europeo del 2013 rispettando quanto definito dalle linee guida dell’Oms e dell’Ecdc", l’agenzia europea per la prevenzione e il controllo delle malattie. "La strada che dobbiamo affrontare per avere giustizia è lunga – spiega l’avvocato milanese Giovanni Benedetto, uno dei componenti del team di legali – vogliamo che venga accertata la responsabilità civile delle istituzioni che hanno il compito di tutelare la salute dei cittadini". La richiesta di risarcimento danni riguarda la "perdita del rapporto parentale, nell’interesse dei congiunti più stretti". Al centro del ricorso un lungo elenco di "inadempienze" delle istituzioni, che non avrebbero frenato il dilagare dei contagi nei primi mesi del 2020: "Mancata istituzione delle zone rosse, mancato aggiornamento del piano pandemico del 2006 e mancata attuazione dello stesso, assenza di dispositivi di sicurezza negli ospedali e nelle Rsa, carenza di tamponi e mancati screening, mancanza di assistenza domiciliare e ricoveri tardivi negli ospedali". Secondo i legali, con una diversa gestione della pandemia e una medicina territoriale adeguata "si sarebbe potuto evitare la metà delle vittime". La storia di ognuna delle vittime è stata ricostruita attraverso cartelle cliniche e testimonianze, con un minuzioso lavoro per recuperare documenti e tracce di una prima fase segnata da confusione, messaggi contrastanti e paura, quando il virus dilagava e l’Italia fu sottoposta a un lockdown senza precedenti.

Un capitolo corposo del maxi-ricorso, sul versante milanese e lombardo, è dedicato alle stragi nelle Rsa, dove si è contato un numero impressionante di vittime prima della campagna vaccinale di massa. Vittime che rischiano di cadere nell’oblio, nell’Italia al bivio fra ritorno alla normalità, strascichi della pandemia e nuove emergenze che si accavallano. In parallelo c’è anche l’inchiesta della Procura di Bergamo sulla gestione del Covid, in questo caso aperta per accertare eventuali responsabilità penali. Le diverse indagini su contagi e decessi nelle Rsa lombarde, come il Pio Albergo Trivulzio, corrono inoltre una dopo l’altra verso l’archiviazione. Manca in sostanza, secondo i pm, la prova del "nesso causale" tra morti e condotte nelle case di riposo, in una situazione di emergenza senza precedenti.

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