
In strada gli amici del ventenne morto una settimana fa in via D’Agrate. Il padre di Elgaml accanto alla mamma in lacrime. "Cresciuti insieme".
Lo striscione per Moha e Ramy "Sempre con noi". Un cartellone con le foto e le firme degli amici. I palloncini bianchi e azzurri. Il raduno è in piazzale Corvetto. Prima della partenza qualcuno urla verso i giornalisti invitandoli a riprendere "solo da lontano" e spingendoli via lanciando anche oggetti. Alle 20.15 la folla parte. In marcia oltre cento persone dirette verso via Marco d’Agrate. "Questo è un momento commemorativo – fa sapere una donna al megafono –. Vi chiediamo di non mettere le telecamere in faccia alle persone". In prima linea la mamma e la sorella di Moha, in lacrime, e Yahya Elgaml, il padre di Ramy. "L’unico conforto è vedere tante persone qui per mio fratello. Siamo distrutte", dice Monia, la sorella di Moha, prima della partenza.
Suo fratello era Mahmoud Mohamed, il ventenne di origini libiche morto mercoledì scorso all’alba dopo essersi schiantato con il TMax in via Marco d’Agrate all’angolo con via Cassano d’Adda, a un chilometro da casa. Fuggito dopo aver incrociato una pattuglia della polizia in viale Ortles. È scappato, forse preoccupato dalla prospettiva di essere controllato e sanzionato per la seconda volta in due mesi perché senza patente. Dopo meno di un chilometro, ha sbandato finendo contro lo spartitraffico semaforizzato: è morto subito dopo all’Humanitas. Un incidente che ha ricordato quello costato la vita a Ramy, il diciannovenne egiziano deceduto lo scorso 24 novembre a 850 metri di distanza, in via Ripamonti angolo via Quaranta, dopo una fuga di otto chilometri sempre in sella a un TMax (lui era il passeggero), iniziata con un alt dei carabinieri ignorato dal conducente Fares Bouzidi. Le similitudini, però, si fermano al veicolo e al quartiere in cui i due ragazzi, amici d’infanzia, vivevano. Sì, perché il 21 maggio non c’è stato nessun inseguimento: gli agenti hanno fatto neppure in tempo a intimare lo stop al conducente della moto. Nessun lampeggiante azionato né sirene accese.
Detto questo, le due tragedie in sei mesi uniscono le famiglie e parte del Corvetto, riunito in strada per loro. "Siamo qui per un figlio, un fratello, un amico. Morto troppo giovane – evidenzia una ragazza –. Ci ha ricordato tanto la storia di Ramy, erano amici fin da piccoli. Corvetto sente il dolore. Chi di noi li ha conosciuti lo sente. Eppure non manca l’occasione di dipingerci come delinquenti, di dire che qualcuno stava scappando. Manca il rispetto per chi perde un figlio, un fratello, un amico. Non ci può stare il silenzio per chi ha perso qualcuno?".
"Moha e Ramy sono cuciti insieme. Sono cresciuti insieme, andati alla stessa scuola. Entrambi morti su un TMax nero. Avevano sei mesi di differenza d’età. E sono morti a sei mesi di distanza. Dobbiamo portarli nel nostro cuore", le parole di Aly Harhash, presidente della comunità egiziana. Il corteo raggiunge il semaforo-teatro della tragedia alle 21. Gli amici appendono mazzi di fiori. Poi il silenzio è rotto dal pianto. Infine, i petardi e i fumogeni. Prima del saluto "Moha nel nostro cuore per sempre". Alcuni amici proseguono verso via Ripamonti per "salutare Ramy".