Coronavirus: sì alla serrata, ma su base volontaria. Sindacati favorevoli al fermo totale

Accordo trovato Regione-Confindustria: produzione sospesa ma solo se lo decide l’azienda. Preoccupate le piccole imprese: "Perdita miliardaria". Le parti sociali spingono per il blocco

Il governatore Attilio Fontana con il presidente Confindustria Lombardia Marco Bonometti

Il governatore Attilio Fontana con il presidente Confindustria Lombardia Marco Bonometti

Milano, 11 marzo 2020 - Da un lato il pieno supporto dei tre sindacati confederali e dei sindaci dei capoluoghi lombardi. Dall’altra le posizioni più sfumate e caute del mondo delle imprese. Così si è polarizzato il dibattito sull’opportunità della richiesta avanzata dalla Regione Lombardia al Governo: l’ulteriore inasprimento delle misure di contenimento del Coronavirus, sul quale l’esecutivo nazionale dovrà esprimersi tra oggi e domani. Partiamo dalla fine. L’accordo con la Confindustria lombarda è fatto, secondo quanto ha dichiarato Fontana ieri sera. E prevede un bivio: le aziende che vorranno continuare a lavorare, potranno farlo ma con accorgimenti. Altrimenti libertà di chiudere.

"Ho avuto un colloquio con il presidente di Confindustria Lombardia, Marco Bonometti, con il quale ho raggiunto un accordo per individuare le modalità che dovranno adottare le aziende che vorranno continuare a produrre e ho preso atto della disponibilità di altre a sospendere l’attività – ha fatto sapere Fontana –. Andranno rispettate scrupolosamente le indicazioni dell’Istituto Superiore di Sanità e della Regione, a partire dalla soppressione di tutti i servizi mensa, dal rispetto delle distanze e dalla fornitura di tutte, le dotazioni necessarie alla protezione personale dei lavoratori come guanti e mascherine, come chiesto dai sindacati".

Più preoccupata l’Api (Associazione piccole imprese): "Le misure restrittive attuate dal Governo, unitamente all’esplosione di una psicosi generalizzata, hanno messo a dura prova la manifattura italiana e, a cascata, tutta la filiera collegata – ha sottolineato il presidente Paolo Galassi –. Se tale situazione dovesse protrarsi ancora, si stima una flessione del 30% del fatturato mensile. Su base annua ciò corrisponde a una perdita pari a circa 5,6 miliardi di euro, solo per le Pmi della Lombardia". "Per l’ennesima volta, però, le imprese si sentono lasciate sole a fare i conti con un’urgenza senza avere indirizzi precisi da Roma". Compatti i sindacati. "Interrompere ogni attività economica, produttiva, di servizio che non sia essenziale": questa la richiesta avanzata da Cgil, Cisl e Uil al governatore. "Il moltiplicatore dei contagi, dei ricoveri in terapia intensiva e dei decessi continua ad assegnare alla nostra regione il primato. Non vogliamo pensare quale scenario si aprirebbe se la frequenza dei contagi dovesse proseguire".  

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