Tangenti in Lombardia, "Incastrati dal 'mullah' Caianiello"

L’ex dg Afol Zingale nega di aver ricevuto soldi da Lara Comi. Il suo legale: non mangia, va sorvegliato a vista

L’ex europarlamentare Lara Comi

L’ex europarlamentare Lara Comi

Milano, 17 novembre 2019 - Non ha toccato cibo, riferisce il suo difensore, da quando giovedì mattina i militari della Guardia di finanza gli hanno notificato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere e lo hanno portato a San Vittore. «Giuseppe Zingale è molto provato - spiega l’avvocato Francesca Cramis - è in cella da solo e ho chiesto che venga sorvegliato 24 ore su 24, anche perché ha problemi di salute». L’ex direttore generale dell’agenzia per il lavoro Afol Metropolitana, l’ex europarlamentare di Forza Italia Lara Comi e l’amministratore delegato della catena di supermercati Tigros Paolo Orrigoni (entrambi ai domiciliari) compariranno domani davanti al gip Raffaella Mascarino per l’interrogatorio di garanzia. Avranno la possibilità di fornire la loro versione sulle accuse, corroborate anche dalle dichiarazioni del “burattinaio” Nino Caianiello e di altri indagati che hanno scelto di collaborare con i pm Luigi Furno, Adriano Scudieri e Silvia Bonardi che coordinano l’inchiesta “Mensa dei poveri” alzando il velo su presunte tangenti e accordi corruttivi. L’avvocato Gian Piero Biancolella, difensore di Lara Comi, ha spiegato che l’ex esponente di Forza Italia è «molto determinata a chiarire i fatti contestati».

L’ex eurodeputata, alla ricerca «spasmodica» di soldi, risponde di quattro episodi, tra cui il contratto di consulenza per 21 mila euro più altri 17 mila formalmente affidato da Afol all’amica Maria Teresa Bergamaschi «in cambio della retrocessione» con la regia di Nino Caianiello di 10 mila euro come «regalo di Natale» all’ex dg Zingale. Lo stesso Caianiello ha spiegato ai pm che Zingale si lamentava con lui «in ordine al fatto che, a fronte di pagamenti per oltre 17mila euro già fatti ottenere indirettamente alla Comi non aveva ottenuto alcuna retrocessione». E l’ex dg Afol si è detto «stupito» per le parole di Caianiello. «Ricevevo uno stipendio di 16mila euro al mese, 180mila euro all’anno - è la sua posizione - non avevo di certo bisogno di quei soldi, che non ho mai chiesto nè ricevuto». La strategia che l’avvocato Cramis sta definendo porterebbe Zingale ad avvalersi della facoltà di non rispondere durante l’interrogatorio di domani, per poi farsi ascoltare nei prossimi giorni dai pm. «Non ci sono le esigenze cautelari - spiega il legale - nella sua ordinanza il gip parla di pericolo di reiterazione del reato perché Zingale è ancora dg di Afol, quando in realtà è stato licenziato il primo ottobre e ora è disoccupato». Nelle mani dell’avvocato anche un documento presentato al Cda di Afol nel periodo successivo all’inchiesta che a suo dire testimonierebbe la disponibilità a lasciare l’incarico da dg in cambio di un incarico in un ruolo inferiore.  

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