Milano: assalto a Deliveroo, rider e attivisti a processo

In 17 alla sbarra per il blitz di quattro anni fa che aprì una stagione di proteste. "Quell’azione era giusta, la rifaremmo ancora"

Un frame del video realizzato dagli attivisti per riprendere l'azione

Un frame del video realizzato dagli attivisti per riprendere l'azione

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Milano - Urla e spintoni, scontri culminati nell’intervento della polizia per sgomberare gli uffici della sede milanese di Deliveroo occupata. L’assalto andato in scena il 13 aprile 2018, una delle prime proteste eclatanti che hanno coinvolto il mondo dei rider a Milano, approda in Tribunale, perché oggi si aprirà il processo a carico di 17 imputati, fra ciclofattorini e attivisti dei movimenti milanesi che supportarono il blitz. A quasi quattro anni di distanza dall’episodio, dovranno rispondere a vario titolo delle accuse di violazione di domicilio, rifiuto di fornire le proprie generalità e oltraggio a pubblico ufficiale. 

Quel giorno un gruppo di rider si radunò in presidio fuori dalla sede di Deliveroo, per protestare contro le condizioni di lavoro nel settore del delivery, che negli anni successivi avrebbe conosciuto un boom. Uno dei primi passi della lunga battaglia per conquistare diritti e tutele, sfociata in altre manifestazioni spontanee, assemblee, scioperi e sfide alle multinazionali, mentre nascevano movimenti e sindacati e i colossi del settore finivano anche al centro di indagini della Procura. Il 13 aprile 2018 un gruppo di ciclofattorini e attivisti riuscì a entrare nella sede della multinazionale Deliveroo in via Carlo Bo, zona Romolo, occupando gli uffici.

"Il gruppo di rider ha letto una lettera che denunciava le condizioni di sfruttamento e precarietà imposte dal cottimo (allora appena introdotto), dall’assenza di coperture assicurative e dall’organizzazione algoritmica nell’assegnazione di turni e ordini. Dopo la lettera, hanno chiesto poi un confronto con il general manager di Deliveroo, Matteo Sarzana", ripercorrono alcuni imputati in un "appello alla solidarietà" pubblicato sulla pagina Facebook “Rider in lotta Milano“ prima dell’apertura del processo. Confronto negato, mentre la polizia mise fine alla breve occupazione sgomberando la sede. Scene riprese anche da alcuni attivisti con gli smartphone.

"Da quel giorno sono passati alcuni anni, tante cose nel mondo del delivery sono cambiate. Ma noi di una cosa siamo sicure – si legge nell’appello – quel 13 aprile avevamo ragione, quell’azione era giusta e la rifaremmo ancora. La rifaremmo perché quelle misere condizioni di lavoro, che denunciavamo allora, sono oggi chiare a chiunque. Attraverso gli scioperi e le lotte, i rider hanno imposto il lavoro del delivery quale uno dei problemi all’ordine del giorno nel dibattito pubblico: si sono moltiplicate le inchieste giornalistiche e persino istituzioni cieche e sorde quali il parlamento e i tribunali hanno timidamente – e spesso ipocritamente – iniziato a sentire e vedere".

In Tribunale, quindi, si aprirà un nuovo scontro, questa volta sul fronte giudiziario. Rider e attivisti alla sbarra, che rischiano condanne pesanti, lanciano un appello: "Chiamiamo i lavoratori e le lavoratrici, chi fa uso delle piattaforme di delivery e chiunque ci sia solidale a sostenerci, a scrivere questo capitolo insieme a noi".  

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