Milano e gli animali selvatici, non solo cinghiali e nutrie: i colombacci sono flagello

L’allarme di Luigi Simonazzi, responsabile Area economica di Coldiretti Milano: gli uccelli che prima emigravano sono diventati stanziali: procurano danni alle colture di mais e riso

Il corpo del cinghiale recuperato a Milano

Il corpo del cinghiale recuperato a Milano

Milano, 19 agosto 2022 -  Il «lato oscuro» dei cinghiali. Gli ungulati sono un flagello per i campi e una minaccia per gli allevamenti suini. "Questa specie è ormai invasiva nelle nostre terre. Non parliamo di esemplari autoctoni ma discendenti di incroci fra cinghiale e suino domestico, importati una quarantina di anni fa da cacciatori pochi coscienziosi per controbilanciare la quasi estinzione del cinghiale italiano. Sono verri e scrofe di oltre 100 chili, dall’enorme fabbisogno alimentare" afferma Luigi Simonazzi, responsabile dell’Area economica della Coldiretti di Milano Lodi Monza e Brianza. L’invasione di animali nell’agricoltura del Milanese include pure nutrie e colombacci. Quali sono i danni procurati dai cinghiali? "A Milano e provincia superano centinaia di migliaia di euro. Gli ungulati vengono a grufolare dove sono stati appena seminati il mais e la soia. Ci sono terreni nell’Abbiatense, a Lacchiarella e Melegnano devastati. Ci sarebbe un risarcimento previsto da regione Lombardia ma molte aziende agricole ci hanno rinunciato perché il rimborso è esiguo. I cinghiali poi sono il principale veicolo della peste suina. Se questo virus pericoloso dovesse arrivare negli allevamenti lombardi dove ci sono il 50% dei suini a rischio sarebbe la tenuta dell’intera norcineria nazionale che vale solo di export 14 miliardi di euro. Addio alla produzione di gran parte del prosciutto di San Daniele, dei salami di Varzi e Cremona. La popolazione di qusti animali è enormemente aumentata negli ultimi 20 anni, superando oltre 2 milioni di esemplari in tutta Italia secondo Ispra. Sarebbe sbagliato però dire che si spingono fin dentro Milano città, dal momento che non sono attratti da cassettoni ricolmi di rifiuti sulle strade. Quello in Darsena dev’essere caduto nel Naviglio a sud dell’hinterland e non è più stato in grado di risalire dagli argini". Quali altri specie rappresentano una minaccia? "La nutria che è alloctona, essendo stata importata negli anni Sessanta dal Sud America per fare la pelliccia di castorino. Quando è passata di moda, ci sono stati allevatori che per non spendere soldi per l’abbattimento le hanno liberate ed è stato un errore perché sui nostri territori non hanno un competitor come puma e alligatori. Essendo erbivora mangia piantine di mais e soia e pure le pannocchie. E distrugge le sponde del fiume, procurando un danno al sistema idrico. Solo in Lombardia gli esemplari sono più di un milione e ottocentomila. E c’è una novità di cui non parla nessuno". Quale? "I colombacci che prima emigravano verso il Nord Europa adesso sono diventati stanziali: quando si posano sui campi di mais e riso lasciano disastri". Quali soluzioni? "Abbiamo una legge regionale che sulla carta è molto intelligente ma fa fatica ad essere applicata a causa della burocrazia. Infatti per contenere cinghiali e nutrie possono intervenire solo cacciatori in possesso di numerosi requisiti, incluso l’abilitazione da selecontrollore, e per gli ungulati bisogna superare un corso di formazione di oltre 100 ore. Servirebbe un decreto legge urgentissimo per modificare l’articolo 19 della legge 157 del 1992 per estendere il calendario venatorio. Ma non c’è volontà politica per nuovi regolamenti: meglio scontentare i pochi agricoltori che perdere i voti dei numerosi animalisti, presenti in modo trasversale in tutti i partiti".

 

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