Anche le imprese fanno la guerra? Decisioni ardue

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Giorgio

Fiorentini*

Le imprese straniere, basate in Ucraina e in Russia, di fronte alla guerra hanno un approccio variegato in funzione del tipo di attività che svolgono, della rilevanza di interesse economico (la guerra comporta direttamente o indirettamente un calo dei consumi) e del posizionamento di marketing da assumere. Purtroppo si “fa la guerra” anche con la scelta di mantenere o meno le attività in Ucraina e Russia. Senza dubbio, le imprese belliche sono quelle che, per definizione, “fanno la guerra” tramite la produzione di beni, servizi, hardware, software che difendono od offendono in modo ordinato e organizzato. Però ci sono tutte le altre imprese ed assumendo la classificazione della Yale School of Management, sono classificabili in alcune categorie: quelle che drasticamente hanno scelto la cessazione dei rapporti. Sembra che le italiane non abbiano fatto questa scelta; poi ci sono le imprese che hanno ridotto le attività, che hanno lasciato una porta aperta con i belligeranti, che prendono tempo, non aprono nuovi progetti o annunciano la volontà di lasciare. L’elenco è lungo. Le farmaceutiche hanno mantenuto la loro attività per una scelta etica di fornitura dei farmaci che in guerra sono ovviamente indispensabili. Infine, ci sono le imprese che hanno mantenuto l’attività come prima e le 450 imprese italiane sono più propense a rimanere. Le motivazioni? Il rapporto con la sostenibilità economica e sociale si basa sul dato che i mercati della Russia e dell’Ucraina sono molto importanti e strategici. Hanno fatturati consistenti e hanno migliaia di dipendenti. Inoltre le imprese che abbandonano rischiano di essere nazionalizzate. La Russia ha già avanzato questa ipotesi. Abbandonare la posizione può essere pericoloso. I migliaia di dipendenti delle imprese che si allontanano si troverebbero senza stipendio dopo un iniziale approccio solidaristico compensativo. L’approccio Esg, a fronte della guerra in Ucraina, vede un ridimensionamento delle scelte ambientali a fronte della crisi energetica (gas); nel contempo si dovrebbero innalzare i livelli di azioni sociali e fra esse la tutela dei diritti umani dei popoli in guerra nonché dei profughi. Per le imprese le scelte sono difficili ed impegnative.

* Docente Bocconi

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