Milano, alpino morto in un incidente misterioso: troveremo la verità per Roberto

Il ministro della Difesa riapre il caso. I genitori del giovane: "Sono serviti 20 anni, speriamo"

Roberto Garro aveva 19 anni

Roberto Garro aveva 19 anni

Milano, 14 novembre 2018 - Il ministro ha promesso e adesso ci credono. «Riapriremo l’inchiesta come è stato fatto per la morte del parà Emanuele Scieri», ha assicurato loro la responsabile della Difesa, Elisabetta Trenta. E Angelo Garro e Anna Cremona - che da vent’anni si battono per sapere come morì davvero nel giugno ‘98 il loro figlio Roberto, alpino di leva - stavolta sperano di non illudersi. Una commissione parlamentare d’inchiesta è quella che ha fatto emergere le responsabilità sulla fine di Scieri, apparente suicida per due decenni e ora finalmente vittima riconosciuta di nonnismo in una caserma di Pisa. Una commissione d’inchiesta, invano sollecitata già dieci anni fa dal parlamentare radicale Maurizio Turco, potrebbe far luce anche sulla misteriosa fine di Roberto Garro, penna nera in libera uscita, che mentre rientrava in caserma in auto con tre commilitoni si schiantò frontalmente contro un camion a Gemona del Fruli. Quattro morti.

Un incidente strano, che la Polizia stradale descrisse a verbale come dagli effetti esplosivi, per i segni rimasti sui corpi di quei ragazzi. Ma l’autista bosniaco del tir venne rimandato subito in patria, l’automezzo finì in Austria, nessuna perizia e nessuna indagine seria venne avviata dalla procura di Tolmezzo. In compenso, funerali celebrati in fretta e furia nel cortile della caserma, riconoscimento del corpo negato ai genitori con la scusa di evitare loro lo strazio, trasferimento delle salme nei luoghi d’origine con un furgoncino da mercato della frutta. E quando finalmente papà e mamma Garro ottennero la riesumazione del cadavere, un paio d’anni dopo su disposizione del pm milanese Fabio De Pasquale, la sorpresa di constatare che il figlio era stato seppellito nudo e sporco di fango avvolto in un sacco di plastica senza alcuna umana pietà. Ma anche l’occasione per rendersi conto - loro due, per lunghi anni infermieri professionali al Policlinico - che il corpo di Roberto era intatto a parte le cornee che gli erano state prelevate senza alcun consenso.

Certo, allora l’autopsia e la relazione medico legale («quattro mesi di esami sul cadavere per scrivere 33 pagine di nulla», dicono i genitori) non servì a evitare l’archiviazione del fascicolo. Ma ora, se davvero la titolare della Difesa spingerà il Parlamento a una commissione d’inchiesta, tutto potrebbe tornare in discussione e la nebbia sulla morte dei quattro alpini potrebbe realmente diradarsi. Dopo essere stati ricevuti lunedì a Roma dal ministro Trenta e aver pranzato con lei («Ci è sembrata colpita dalla nostra vicenda e persino commossa, ha voluto abbracciarci»), ieri Anna e Angelo Garro erano al cimitero di Chiaravalle dove riposa Roberto: che proprio ieri avrebbe compiuto quarant’anni.

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