A letto dopo l’omicidio: i due clandestini hanno ammesso le rapine

Presi al loro bivacco i due immigrati

L’incrocio tra via Gaffurio, dove sono state aggredite  le ragazze,  e via Settembrini dove è stato ucciso il bengalese

L’incrocio tra via Gaffurio, dove sono state aggredite le ragazze, e via Settembrini dove è stato ucciso il bengalese

Milano, 29 aprile 2018 - Forse è stata l’ultima vittima di una serie rapidissima di aggressioni a scopo di rapina. O forse è stato inseguito e ucciso dai killer perché aveva visto quello che era successo 40 secondi prima a due studentesse rapinate in strada, con il furto del cellulare messo in scena solo per mascherare il reale motivo di quel fendente sferrato probabilmente con un punteruolo. Le immagini delle telecamere non lo chiariscono, visto che una riprende parte del primo raid e l’altra immortala la fuga disperata di Samsul Haque e la rincorsa di Abdenachemi Amass e Saad Otmani, i due marocchini di 28 e 30 anni accusati di aver derubato in maniera violenta quattro persone nella notte di venerdì tra Cinisello Balsamo e Milano, accoltellando a morte il 23enne bengalese alle 2.14 in via Settembrini, a due passi dalla Centrale.

I nordafricani sono stati interrogati ieri pomeriggio nel carcere di San Vittore dal gip Laura Marchiondelli. Assistiti dall’avvocato Daniela Cristina Cultrera, hanno deciso di rispondere alle domande del giudice. Inchiodati dai video registrati dagli occhi elettronici nella zona di piazza Caiazzo e dalla refurtiva di tre colpi ritrovata addosso a Otmani, i due hanno sostanzialmente confessato di essere gli autori di tutti i raid che sono stati loro contestati, negando però di aver pugnalato Haque per ammazzarlo. Una sequenza choc andata avanti per tre ore. Prima il trentaseienne peruviano aggredito con calci, pugni e una bottiglietta di plastica tagliata a metà in via Stalingrado a Cinisello e depredato del telefono. Poi il trentunenne italiano con problemi psichiatrici accoltellato per due volte all’addome a 400 metri di distanza, in via Lincoln e derubato del borsello con 40 euro. Quindi il doppio agguato in un minuto a Milano: il fendente al fianco della ventenne studentessa inglese per strapparle il telefono, alle 2.13 in via Gaffurio e la coltellata mortale in pieno petto al ventitreenne bengalese, alle 2.14 in via Settembrini. Lo strettissimo lasso di tempo trascorso tra il primo e il secondo blitz e un particolare, i due marocchini che corrono sul marciapiedi indicando con la mano il bengalese che sta scappando su quello opposto, lascia pensare che Haque sia stato giudicato dai balordi come un testimone scomodo da eliminare. I due negano: rapine sì, omicidio no. Pensavano di aver solo ferito il ragazzo e - questa la linea difensiva - non avevano intenzione di ammazzarlo, né si sono resi conto di aver commesso un omicidio nel momento in cui sono fuggiti.

A sostegno di questa tesi, ragiona l’avvocato Cultrera, c’è il fatto che i due sono andati a dormire a poche centinaia di metri dal luogo del delitto, cioè in zona Centrale (dove sono stati anche catturati l’indomani). Pare inoltre che il 28enne Amass abbia detto di aver sì partecipato agli assalti ma di non averli compiuti materialmente, visto che la lama sarebbe stata nelle mani di Otmani. Il pm Lucia Minutella ha chiesto al gip la convalida del fermo e la misura della custodia cautelare in carcere. La decisione del giudice arriverà domani, anche se pare scontata: Amass e Otmani resteranno in cella, vista la gravità dei fatti contestati e la loro posizione di irregolari sul territorio nazionale.

 

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