Melzo, il racconto del sindacalista guarito dal coronavirus

Rosario Arcoraci e quei nove giorni in terapia intensiva

Rosario Arcoraci, dirigente della Cisl

Rosario Arcoraci, dirigente della Cisl

Melzo (Milano), 14 aprile 2020 - Trent’anni di battaglie dalla parte dei lavoratori, oggi la battaglia più dura, quella contro il virus. Dopo le dimissioni dal San Raffaele, tre giorni prima di Pasqua, le prime parole in rete di Rosario Arcoraci, dirigente della Cisl, 60enne, conosciutissimo in tutta la zona e per lungo tempo dipendente del Comune di Melzo, sono state dedicate agli "angeli che mi hanno restituito alla mia famiglia, ai miei affetti, alla mia casa. Che non mi hanno mai lasciato solo".

Come sta adesso? "Sono a casa, sto riprendendomi. Ma è stata dura, molto dura. Lo è ancora".

Racconti la sua malattia. "Ho iniziato ad avere la febbre alta intorno al 20 marzo. Avevo già il sentore, il terrore di aver contratto il coronavirus. Lavoro in dogana, e avevo lavorato sino a pochi giorni prima. Una collega era risultata contagiata. C’erano state precauzioni, certo. Ma forse non erano state sufficienti".

Il ricovero? "Dopo una decina di giorni di monitoraggio a casa. Iniziavo ad avere problemi respiratori. Mi hanno portato in ospedale i volontari della Croce Bianca. Avevo la saturazione bassissima".

E poi i giorni della degenza. Cosa ricorda? "Sono stato in terapia intensiva nove giorni. L’unica cosa che mi viene da dire è che mai, mai avrei immaginato di incontrare persone simili. Ragazzi e ragazze anche dell’età di mio figlio, che avevo lasciato a casa. Che non mi hanno lasciato un istante. Che continuano a incoraggiarti. Non li ho mai visti in faccia. Ma non dimenticherò mai gli occhi di nessuno di loro. Credo di aver dormito quattro, cinque ore in nove notti. E non mi sono mai sentito solo. Persone straordinarie".

A cosa pensava? "A mia moglie e a mio figlio, che avevo lasciato in lacrime mentre mi caricavano in ambulanza. Ai miei genitori anziani, ai quali naturalmente non avevamo detto niente. Al mio compleanno che sarà fra pochi giorni, e che ho creduto di non riuscire a festeggiare. È andata bene. Sono stato fortunato". Le cure? "Ossigeno e farmaci associati che hanno funzionato, nonostante gli effetti collaterali siano molto pesanti. Debolezza, disturbi allo stomaco. Ho finito proprio l’altro giorno. Mi sto riprendendo, ma solo un nuovo tampone, fra qualche tempo, potrà dire se ne sono fuori".

Cosa le ha insegnato questa esperienza terribile? "Dirò una cosa banale: la poca importanza che diamo a volte alla nostra vita. Senza sapere che può capitare una cosa simile, in un istante: qualche cosa che ti sembra di non aver meritato, che ti aggredisce alle spalle".

Un messaggio “fuori”, da uomo e sindacalista? "Nessuno si senta al sicuro. E nessuno si senta in diritto di sgarrare, di fare il furbo. Per sé, ma anche per gli altri. Mi sono sempre occupato di sicurezza sul lavoro: oggi come mai deve essere una priorità".