Trapiantati, la via dell’incontro

Il dibattito: il dialogo fra riceventi e famiglie dei donatori è possibile

Marco Galbiati con il figlio Riccardo (Cardini)

Marco Galbiati con il figlio Riccardo (Cardini)

Lecco, 17 aprile 2018 - «Ci siamo dati del tu fin da subito. Mi ha detto che è troppo grande il dono che ha ricevuto e che anche lui vorrebbe incontrarmi». Rosa Bua, mamma di Alessandro Quitadamo, morto a 33 anni lo scorso 31 dicembre a causa di un aneurisma cerebrale, ha sentito ieri per la prima volta al telefono la voce dell’uomo che ha ricevuto il cuore di suo figlio. Un 43enne della provincia di Milano. Ieri Il Giorno ha pubblicato il suo appello rivolto a chi ha ricevuto gli organi del suo Ale: cuore, fegato, reni e pomoni.

«Abbracciare queste persone potrebbe darmi un po’ di serenità. Vorrei si facessero avanti e, se non sono pronte, aspetterò». Nel giro di pochissime ore si è fatto vivo l’uomo che ha ricevuto il cuore di Alessandro. «È lui - spiega la signora Rosa -: combaciano i pochi indizi che abbiamo. Eravamo entrambi emozionatissimi. Mi ha raccontato di essere nato con un difetto congenito al cuore, che stava degenerando. Lui non mi ha mai cercata ma avrebbe voluto. Ci incontreremo presto. E mi piacerebbe poter incontrare anche gli altri quattro». Sono in tanti che come lei sognano di conoscere le persone a cui sono stati donati organi dei propri cari. Marco Galbiati, imprenditore lecchese che ha perso suo figlio Riccardo, 15enne, poco più di un anno fa, si è buttato anima e corpo nella sua personale battaglia: la modifica parziale della legge sulla donazione di organi, che prevede l’anonimato tra donatore e ricevente. Ha superato le duemila firme raccolte in pochi giorni attraverso il portale Change.org.