Storie sommerse. Le donne faticano a chiedere aiuto

"Sono tutte storie che hanno, in comune, un estremo dolore: dal ragazzo che incontra questa dipendenza per fuggire dalle difficoltà...

"Sono tutte storie che hanno, in comune, un estremo dolore: dal ragazzo che incontra questa dipendenza per fuggire dalle difficoltà della crescita a chi va in crisi alla fine dell’attività lavorativa, passando per chi si trova a fronteggiare difficoltà lavorative o matrimoni falliti". Lo racconta Anna Schiavone, psicologa e psicoterapeuta responsabile del servizio Fantasina Regina di Cuori della Cooperativa di Bessimo, che a Brescia ha aperto, nel 2019, il centro specialistico residenziale per disturbi da Gap. Una cinquantina gli utenti accolti in questi anni, negli 8 posti disponibili, che sono sempre occupati (80-85 le richieste arrivate). "Le domande arrivano da Sert e Noa, ma anche dai famigliari o dalle stesse persone che cercano un trattamento per il gioco d’azzardo patologico. Abbiamo incontrato persone con situazioni debitorie molto importanti e, nel tempo, intercettato complessità sempre maggiori". Gli uomini prevalgono sulle donne nell’accesso ai trattamenti. "Ma tra le donne c’è più sommerso, perché faticano di più a chiedere aiuto, per varie ragioni, anche culturali. L’età? Il più giovane da noi è stato un 23enne, il più anziano aveva 73 anni". La residenzialità è un elemento di novità nel panorama dell’offerta terapeutica. Fondamentale, però, è anche la prevenzione. "La facilità d’accesso ha fatto sì che l’azzardo, che esiste da sempre, si agganciasse ad uno stato di malessere. La pubblicità delle vincite? Meglio evitarla".