Boschi devastati dai piromani per guardare le fiamme divampare

Non solo siccità ma anche dolo all’origine dei roghi di Esino Lario, nella riserva naturale Pian di Spagna e nel Bresciano

Superlavoro per vigili del fuoco e volontari anche sui monti bresciani

Superlavoro per vigili del fuoco e volontari anche sui monti bresciani

Esino Lario (Lecco) - Boschi devastati dal fuoco in diverse province della Lombardia, piromani e siccità all’origine dei danni. Incombe l’ombra del dolo, per cominciare, sull’incendio che l’altra sera è divampato sui monti attorno a Esino Lario e che ha infuriato tutta la notte. Le fiamme hanno divorato alcuni ettari di bosco nella zona di Narele, a monte del piccolo paese della Val d’Esino, alle pendici delle Grigne. I vigili del fuoco del Comando provinciale di Lecco e del distaccamento di volontari di Bellano, insieme ai volontari della squadra Antincendio boschivo, hanno dovuto lavorare fino all’alba di ieri per combattere contro la siccità e le raffiche di vento che alimentavano il rogo, cercando di circoscriverlo ed evitando che si propagasse ulteriormente, in una zona isolata e difficilmente accessibile.

Impegno profuso in modo da scongiurare il ripetersi dell’inferno dell’aprile 2021, quando il Monte Crocione aveva bruciato per due giorni interi. Si sospetta che il fuoco sia stato innescato di proposito, solo per il gusto di vederlo divampare e provocare danni. Venerdì sera era stata la volta di un incendio della riserva naturale Pian di Spagna, poco più a Nord, in cima al lago di Como (tra le province di Como e Sondrio), anche in quel caso molto probabilmente in seguito all’atto di un piromane. Le fiamme sono divampate di pomeriggio e, complice la siccità che su questi monti e in questi boschi, in questo periodo, è particolarmente intensa e pericolosa (basta una sigaretta a scatenare l’inferno), la lingua rossa si è pericolosamente estesa lungo un canneto, minacciando la vicina Statale 36 . In questo caso gli inquirenti stanno indagando perché sarebbero stati accesi, da ignoti, dai 4 ai 5 focolai.

L’ombra del dolo c’è anche su altri due incendi: uno durato un giorno e una notte, scoppiato tra lunedì e martedì; e l’altro minore, segnalato sabato alla Maddalena. Si tratta di una montagna cara ai bresciani. Con grande dispendio di forze da parte di vigili del fuoco, Protezione civile e squadre di soccorritori vari, che hanno cercato di spegnere le fiamme e limitare i danni, fortunatamente non si è ferito nessuno. Ingenti però i danni ambientali. Nel primo maxi incendio erano andati in fumo 7 ettari di bosco, la seconda volta si è acceso un incendio, invece, in un’area diversa. E per fortuna si è riusciti ad arginare la lingua rossa in 700 metri quadrati. L’intervento è stato reso complicato anche dall’impossibilità di arrivare nella zona con le autobotti. Se la prima volta erano intervenuti anche elicotteri, in questo caso sono state svolte soltanto difficoltose operazioni manuali. In entrambe le situazioni, comunque, la professionalità e l’esperienza di professionisti e volontari ha permesso di ridurre i danni e di evitare che le fiamme arrivassero a lambire le case.