ANDREA GIANNI
Economia

"Rider, leggi in vigore rispettate": quattro aziende presentano ricorso

Milano, tutte le piattaforme di delivery accusate d’irregolarità contestano i verbali dell’Ispettorato

Rider

Milano - La riqualificazione dei rider "come lavoratori cosiddetti etero-organizzati non può essere presa in considerazione", perché "non sono state adeguatamente considerate le caratteristiche del modello di business di Glovo". Giovedì aveva fatto la prima mossa Just Eat; ieri anche la piattaforma di delivery spagnola Glovo ha depositato formalmente il ricorso all’Ispettorato del lavoro di Milano, contestando i verbali consegnati lo scorso 23 febbraio nell’ambito degli accertamenti su contratti e condizioni di lavoro dei rider. Non solo: la stessa strada è stata seguita pure dalle altre due aziende finite nella bufera, Uber e Deliveroo. La mossa apre la strada a una battaglia legale basata su un concetto cardine. I colossi del delivery hanno rispettato le leggi italiane sul lavoro? No, secondo l’Ispettorato, che ha messo sotto la lente le piattaforme: le posizioni dei rider vanno regolarizzate, da autonomi a "coordinati continuativi" con le garanzie dei subordinati. E le aziende devono sanare le posizioni, sul fronte soprattutto dei contributi, di rider che hanno lavorato dal 2017.

Glovo, invece, sostiene di "aver ottemperato agli obblighi previsti per i lavoratori autonomi secondo la normativa applicabile nel periodo di riferimento" fino a ottobre 2020, quando è entrato in vigore il nuovo contratto nazionale - contestatissimo dai sindacati - siglato da Assodelivery e Ugl. Una posizione condivisa anche dalle altre piattaforme. Gli interessi sul tavolo sono imponenti. Solo Glovo conta 10mila rider attivi e oltre 15mila esercizi commerciali partner in Italia. Poi c’è l’inchiesta pilota aperta a Milano, con il procuratore Francesco Greco, che ha speso parole forti parlando di 60mila lavoratori "schiavi" in Italia. E, nel mondo del delivery in fermento, si innesta anche una nuova battaglia sul fronte Amazon, il colosso dell’e-commerce che sta registrando un boom dall’inizio della pandemia. Per il 22 marzo Filt-Cgil, Fit-Cisl e Uiltrasporti hanno proclamato lo sciopero nazionale degli addetti della filiera Amazon. Driver e lavoratori "stremati", sulle strade e nella "catena di montaggio" di hub e magazzini. La miccia che ha fatto esplodere la protesta è stata la rottura della trattativa con Assoespressi e "l’indisponibilità cronica di Amazon" a un confronto con i sindacati. Accuse che il colosso fondato da Jeff Bezos rispedisce al mittente.