Il Bitcoin torna a volare: ecco perché e quanto costa estrarre le criptovalute

Rialzo dell'8,9%: superati i 47mila dollari. Il consumo energetico mondiale per la produzione è pari a quello del Belgio e ora si sfruttano i vulcani

Bitcoin

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Dopo le paure di settembre torna a volare il bitcoin che mette a segno il maggior rialzo dallo scorso luglio. La regina delle criptovalute registra infatti un rialzo dell'8,9% a 47.331 dollari, dopo essere arrivata a sfiorare anche quota 48 mila dollari in corso di seduta, grazie a un rialzo massimo del 10%. Non sono chiare le ragioni del balzo, che segue a una flessione del 7,6% accumulata nel corso di settembre in scia ai timori di una stretta regolamentare negli Usa e in Cina sulle criptovalute: i traders citati da Bloomberg indicano una serie di ragioni per i guadagni, esasperati dalla volatilità dell'asset. Alcuni sottolineano le rassicurazioni del presidente della Fed, Jerome Powell, che ha detto di «non avere intenzione» di vietare le criptovalute mentre altri fanno riferimenti ai livelli di alcuni dati, come le medie mobili, utilizzati nell'analisi tecnica. 

Ancora rischi

La notizia del rialzo del bitcoin arriva nello stesso giorno in cui se ne diffonde un'altra meno rassicurante: i rischi alla stabilità finanziaria legati ai cripto asset non sono ancora sistemici ma "devono essere monitorati date le implicazioni globali e l'inadeguato contrasto normativo in molte giurisdizioni". Lo afferma il Fmi in uno dei capitoli analitici del Global Financial Stability Report che sarà presentato durante le riunioni annuali del Fondo. Secondo i dati del Fmi, la capitalizzazione di mercato dei cripto asset è aumentata significativamente raggiungendo i 2.000 miliardi di dollari nel settembre 2021. E il Bitcoin resta il cripto asset dominante anche se la sua quota di mercato è crollata dal 70% a meno del 45%.

Il costo materiale

Sempre di attualità è il tema della sostenibilità. In altre parole, per estrarre i Bitcoin "secondo alcune stime, si consuma circa lo 0,36% dell'elettricità mondiale" paragonabile al consumo di paesi come il Belgio o il Cile. A fotografare l'energia bruciata dai 'minatori' di criptovalute è ancora un capitolo del Global Financial Stability Report dedicato a questo tipo di strumenti, osservando come questa attività "può portare a un aumento significativo del consumo energetico interno, specialmente nei paesi che sovvenzionano i costi energetici". Il Fondo stima che "le future generazioni di Ethereum e di altre blockchain intelligenti consumeranno molta meno energia rispetto a Bitcoin" ma lancia l'allarme su rapide 'migrazioni' della attività di estrazione delle criptovalute, come quella seguita alle limitazioni adottate dalla Cina, con ricadute sui fabbisogni energetici di altri paesi. 

L'energia dei vulcani

Intanto, è nato il primo Bitcoin estratto utilizzando l'energia dei vulcani di El Salvador. Un progetto sul quale il presidente Nayib Bukele aveva dato ragguagli poco più di un giorno fa, e che oggi, pur essendo ancora in fase di test, ha iniziato a produrre i propri  Bitcoin. "Una notizia straordinaria per tutti gli appassionati di Btc, ma anche per chi ha già investito nel coin - spiega Gianluca Grossi di Criptovaluta.it che per primi hanno lanciato la notizia in Italia - il motivo è semplice: questa potrebbe essere la svolta green che tutti aspettavano per un'ulteriore espansione di Btc in ambito corporate e finanziario''.  Il presidente Nayib Bukele, tramite un ufficiale su Twitter, conferma che si è avviato il mining di Bitcoin tramite energia vulcanica, o meglio, energia geotermica, che viene ricavata dai tanti vulcani che insistono sul territorio di El Salvador.  Una storia che in realtà ha radici relativamente profonde, perché subito dopo l'annuncio della Ley Bitcoin che ha reso la criptovaluta legal tender nel paese, si è iniziato a parlare, sempre per bocca del presidente salvadoregno, della possibilità di sfruttare energia geotermica a basso costo per il mining Bitcoin.