Ogni social è fondamentalmente un bar virtuale, dove si entra a curiosare e si parla, spesso si sparla, di qualunque cosa. Meno se ne sa, tra l’altro, più si sproloquia. Abbiamo visto chiunque improvvisarsi commissario tecnico, virologo, criminologo, tuttologo, politologo, quasi mai qualcuno dire candidamente: “Non me ne intendo“. L’ultima figura fluorescente emersa in questi giorni, dopo il fiorire di strateghi elettorali, è stata quella del sociologo, con tanto di laurea in psichiatria. I post di riferimento? Quelli della snaturata madre di Milano, che ha abbandonato la figlia di 18 mesi fino a farla morire di stenti. E via con le sentenze: “Pena di morte“. “No, è malata, curatela“. “Nessuna attenuante“. “Ma cosa dite, è anche lei una vittima“. Potremmo andare avanti all’infinito. Ma ricordiamo sommessi una possibilità, concessa a chiunque entri in un bar, o anche in una discussione. Il silenzio. A volte, diceva un tale, è meglio stare zitti e lasciare solo il dubbio di essere ignoranti. Piuttosto che aprire bocca e togliere ogni dubbio.
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