Chailly e il cellulare galeotto

Quante volte vi sarà capitato, sul treno o al ristorante, un vicino maleducato che, noncurante di ogni regola di buongusto, vi ha reso partecipi del suo chiocciare al cellulare con l'amica del cuore, l'amante lontano, la moglie a casa con i pargoli, il figlio alle prese con la prima delusione d'amore? Un bla, bla, bla vischioso che piano piano si è insinuato dalle orecchie colonizzando i vostri gangli cerebrali, per poi trasformarsi in una insopportabile nenia di cui non vi poteva fregare di meno ma a cui non c'è stato rimedio. Soprattutto dopo aver realizzato di aver dimenticato le cuffie in ufficio. Su, ammettete, che al minuto 23 della telefonata avete vagliato tre strategie: cambio carrozza, attacco una reprimenda alla Torquemada contro i cattivi costumi del giorno d'oggi, lo azzanno alla giugulare. Un consiglio? Fate come Riccardo Chailly: di fronte allo spettatore maleducato che lunedì sera alla Scala ha fatto squillare in sala il suo cellulare, non ha perso il suo aplomb e interrompendo il Macbeth ha solo aggiunto: "Risponda pure". Sublime.