Napoleone moriva 200 anni fa, tiranno o liberatore?

Simbolo di grandezza, il giudizio sul grande conquistatore dell'età moderna resta ancora insoluto

Napoleone a Sant'Elena, in un'incisione che illustra una riedizione dell'ode nel 1881

Napoleone a Sant'Elena, in un'incisione che illustra una riedizione dell'ode nel 1881

Dittatore e liberatore, amato e odiato, moderna incarnazione della grandezza. Napoleone Bonaparte morì il 5 maggio del 1821. Oggi, a distanza di due secoli, il dibattito storico non ha ancora formulato su di lui alcun giudizio definitivo. E il quesito posto da Manzoni riguardo la sua eredità – “Fu vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza” – resta ancora insoluto. I posteri non hanno deciso.

Il “flagello d'Europa” – così lo chiamavano i nemici – nacque in Corsica, ad Ajaccio, da una famiglia della piccola nobiltà italiana. Sedotto dagli ideali rivoluzionari, divenne ufficiale d'artiglieria e poi generale dell'esercito repubblicano. In un'epoca in cui l'esercito francese era grande ma mal gestito, la sua fama crebbe a dismisura dopo le vittorie nella campagna d'Italia contro l'Austria.

Con il colpo di Stato del 18 brumaio 1799 assunse il potere in Francia, all'inizio come Primo Console, poi come Imperatore dei Francesi. Fu anche presidente della Repubblica Italiana dal 1802 al 1805 e re d'Italia dal 1805 al 1814. Impareggiabile sul campo di battaglia, faceva della velocità di spostamento delle truppe il suo nucleo strategico: “Le marce sono la guerra”.

Per vent'anni, portò avanti campagne militari contro tutte le potenze europee dell'epoca. I suoi nemici innumerevoli, i suoi pari nessuno. Dai deserti dell'Egitto, alle pianure della Spagna, riportò molte più vittorie che sconfitte. Ma sul suolo del suo avversario più formidabile, la Gran Bretagna, non metterà mai piede. Perché se Napoleone dominava sulla terra, la flotta inglese dominava sui mari, in un equilibrio che non venne mai a mancare.

Nel periodo di massima espansione, arrivò a dominare su quasi due terzi dell'Europa continentale. La disastrosa campagna di Russia segnò il tramonto della sua grandezza. Sfiancato dall'inverno russo, fu sconfitto nella battaglia di Lipsia nel 1813, Napoleone abdicò e venne esiliato sull'isola d'Elba. Lì rimase appena due anni, preparando la sua ultima e segreta campagna. Nel 1815 abbandonò l'isola, torno in Francia e riconquistò il potere. L'avventura durò appena cento giorni: una coalizione di Stati gli fece guerra, sconfiggendolo definitivamente nella famosa battaglia di Waterloo. I sovrani assoluti tornarono al potere e iniziò la Restaurazione, null'altro che un preambolo prima della Primavera dei Popoli e delle Grandi Rivoluzioni. Napoleone, ritenuto troppo pericoloso per averlo vicino alle coste europee, finì i suoi giorni sull'isola di Sant'Elena, nel mezzo dell'Atlantico, sotto stretto controllo degli inglesi. Imperatore di un pezzo di terra.

Sovrano talvolta crudele, implacabile coi nemici, promosse campagne militari per ambizione ed era pronto a sacrificare migliaia di uomini con discreta leggerezza. Eppure, come ebbe a dire lo storico italiano Carlo Zaghi: «Se Napoleone era un tiranno, i sovrani che gli facevano guerra erano molto più tiranni e incapaci di lui. Di fronte a loro egli era un genio, un progressista, un uomo che aveva fatto camminare il mondo in avanti, mentre essi non avevano altra volontà che quella di farlo tornare indietro». La sua maggiore eredità resta forse il Codice Napoleonico, fondamento del moderno diritto civile. E secondo non pochi studiosi, i semi di libertà piantati da Napoleone durante i primi anni di governo nel nostro Paese, avrebbero poi contribuito alla formazione del Regno d'Italia.