
Formazione senza Steve Morse uscito di scena la scorsa primavera
Assago (Milano) - È la Mark IX . L’improvviso abbandono di Steve Morse, uscito di scena la scorsa primavera dopo 28 anni di militanza per stare vicino alla moglie malata, ha ridefinito per la nona volta la line up dei Deep Purple, in concerto al Forum domani per mettere fine ad una latitanza di cinque anni; quelli che separano questo Whoosh! Tour da un The Long Goodbye Tour rivelatosi alla resa dei conti molto meno definitivo di quanto non lasciasse intendere il nome.
Rispetto al giro di concerti messo in strada nel 2017 per salutare i fans e sostenere le fortune di un album dal titolo sibillino come “inFinite”, infatti, la band inglese schiera alla chitarra che fu di Richie Blackmore, Tommy Bolin, Joe Satriani e Morse il neoassunto Simon McBride. "Siamo entusiasti che Simon abbia accettato di unirsi a noi – avevano scritto i Deep Purple nel loro messaggio di benvenuto al musicista nordirlandese –. Il modo di suonare di Simon è lassù con i grandi. Ovviamente, Steve (Morse, ndr ) non può essere sostituito". Niente avvicendamenti, dunque. "In Simon non abbiamo trovato un sostituto, ma un chitarrista straordinariamente talentuoso ed emozionante a pieno titolo – ammettono –. È chiaro che Simon ha un grande rispetto per coloro che lo hanno preceduto. Siamo tutti entusiasti di ciò che gli anni a venire riserveranno alla band".
Passano , infatti, i decenni, ma i Deep Purple rimangono i granitici monumenti dell’hard-rock che tutti conoscono, anche se della formazione Mark I, quella del periodo 1968-69, rimane il solo Ian Paice dietro ai tamburi. Ian Gillan e il bassista Roger Glover arrivarono nella Mark II, mentre l’ingresso del tastierista Don Airey risale al 2002 e quindi al Mark VIII. Il nome del tour indica che, anche se con due anni di ritardo sulla pubblicazione, i concerti poggiano sul repertorio di “Whoosh!”, ventunesimo album dell’epopea Purple prodotto dal sempiterno Bob Ezrin, nonostante la band per ingannare i tempi morti dei lockdown abbia frattanto dato alle stampe una raccolta di cover quale “Turning to crime”.
A moltiplicare l’appeal della serata ci pensa la presenza in scena (alle 19:30) di un supporter di riguardo come i Jefferson Starship; o quel che ne resta, visto che della band di “Dragon fly” nata nel ’74 dalle ceneri dei mitici Jefferson Airplane rimane il solo David Freiberg. Dell’ultimo album “Mother of the sun”, pubblicato nel 2020, i Jefferson 2.0 si limitano ad eseguire il minimo sindacale, un solo brano, per lasciare spazio alle varie “Ride the tiger”, “Jane” o all’irrinunciabile “White rabbit” (degli Airplane).