Sos Università: "Troppa competizione negli atenei. E il fuori corso paga doppio"

L’Unione Universitari punta il dito contro "un sistema che annulla l’individuo"

Una protesta indetta dall’Udu per richiamare l’attenzione sul caro tasse

Una protesta indetta dall’Udu per richiamare l’attenzione sul caro tasse

Schiacciati dal peso della competizione di un sistema che stanzia risorse insufficienti per l’università ed elegge a modello i pochi che riescono a laurearsi prima dei tempi, aumentando le tasse ai fuori corso. Cresce il disagio tra gli universitari, acuito certamente dal lockdown ma che ha radici più profonde, da ricercare in un sistema dove la quantità (di voti e anni di laurea) prevale sul percorso individuale. "Partiamo da un dato di fatto – spiega Diego Vollaro, studente di Giurisprudenza a Brescia e membro dell’Esecutivo nazionale dell’Unione Universitari – La competitività negli atenei non è solo una percezione degli studenti, ma è oggettiva. Tutti i sistemi di finanziamento, reclutamento del personale, tassazione si basano sulla performatività: lo Stato finanzia le università se rendono, altrimenti taglia i fondi".

Tra i criteri di finanziamento per la quota standard c’è, ad esempio, il numero di studenti, che include però solo quelli dal primo anno in corso al primo fuori corso: gli altri, di fatto, non esistono. In Lombardia i fuori corso sono circa, in media, il 15% (32mila, secondo l’ultimo report di Udu), anche se la percentuale può variare a seconda dei corsi di laurea; a livello nazionale, la quota sale al 30%. Se la coperta è corta, di conseguenza le tasse universitarie aumentano per chi non è in regola, con importi che possono raddoppiare (come a Bergamo) per i fuori corso rispetto agli studenti in corso. Anche l’accesso alle borse di studio è subordinato al numero di esami e ai voti: la Lombardia, su questo fronte, si distingue per avere criteri di merito particolarmente stringenti.

"A livello comunicativo – aggiunge Vollaro – si nota poi come si tenda a elogiare la studentessa o lo studente che si laurea in meno anni di quelli richiesti. Ci si trova di fatto in uno scenario che non ammette passi falsi. Tuttavia l’università non funziona come le scuole superiori, dove a fine anno si fa il bilancio. Gli studi universitari hanno altre dinamiche, non sempre comprensibili all’esterno. In tutto questo, chi ha delle fragilità si trova molto disorientato". Negli ultimi mesi, la cronaca ha riportato diversi casi di suicidi di universitari: in Lombardia, l’ultimo è di luglio, nell’ateneo di Pavia, dove uno studente di Medicina ha anche lasciato una lettera al rettore, criticando il sistema dei crediti. "La percezione è che il disagio stia aumentando – spiega Vollaro – Il sistema andrebbe cambiato a monte, a partire da un maggiore finanziamento per l’istruzione in generale, e per le università. Dovremmo passare dal 3% ad almeno il 5% del Pil, come richiesto dall’Europa".