"Roberto Maroni voleva diventare un grande thrillerista", l'ultima sfida dell'ex ministro

Dopo libri sulla politica, lo scorso ottobre è uscito 'Il Viminale esploderà'. L'autore racconta l’uomo che era e che pochi conoscevano

Roberto Maroni

Roberto Maroni

Varese, 22 novembre 2022 -  “Tu lo hai letto quel thriller di Clinton e Patterson? Si, bravo, proprio quello… ecco io ne voglio scrivere uno simile, ma migliore del loro.” La ricordo ancora quella telefonata.

Io e Roberto Maroni abbiamo avuto un lungo rapporto in frangenti diversi: ero il giornalista del quotidiano La Padania che lo intervistava negli anni in cui era ministro, poi suo addetto stampa quando è diventato il segretario della Lega e, in seguito, da Governatore in Regione Lombardia, fino al 2015, quando l’ho lasciato per dedicarmi alla mia nuova professione di scrittore ed editor di romanzi gialli. Quel giorno mi aveva chiamato proprio per questo, per un libro a metà tra il giallo e il thriller di respiro internazionale.

L’ondata della pandemia si stava ritirando, lasciando una scia infinita di morti e lutti in tutta la Lombardia, e intanto la sua malattia lo aveva già aggredito, anche se pochissimi lo sapevano, quando ho ricevuto questa sua telefonata. Era il giugno 2021, le giornate dei vaccini, della ripartenza dopo il virus. Sapevo da conoscenti comuni che era stato operato d’urgenza, che non tutto era risolto, che stava combattendo una battaglia in silenzio contro la sua malattia.

Però al telefono era il solito Bobo, lo chiamavano tutti così (io no, lo chiamavo Roberto) era determinato come sempre, ottimista, vedeva l’obiettivo e lo metteva nel mirino del suo lavoro. “Addirittura meglio di Clinton e Patterson, dai…” Ero scettico. Lui mi ha snocciolato il ‘plot’, come lo chiamava lui, lo scheletro dell’impianto narrativo, e dettato i tempi, sicuro del suo: “Quando possiamo uscire secondo te? Tra un anno?” I libri hanno tempi medio lunghi, lui forse sapeva di non avere tutto questo tempo: dieci mesi dopo il testo era pronto, chiuso, completo.

Ci siamo visti per un caffè in centro a Milano, con il co-autore e amico comune, Carlo Brambilla, ex firma dell’Unita’. Con il senno di poi l’ultima volta che ci siamo visti. Poi, in estate, le mie correzioni finali da editor, poca roba rispetto a quello che faccio di solito per altri libri. E lui a commentare via whatsapp. Contento, soddisfatto, ottimista. Felice quando l’editore Fiorenza Mursia ha deciso di pubblicarlo senza attendere, subito in libreria appena possibile, a ottobre, un mese fa. Troppi tardi per poterlo presentare lui al pubblico, se non sui social. Ma in tempo per vederlo nero su bianco, sugli scaffali delle librerie.

Roberto Maroni è stato un grande politico e uomo delle istituzioni, ma voleva essere anche un grande thrillerista e ci stava riuscendo. E se avesse avuto più tempo…

Questo suo thriller - in parte biografico perché Roberto Macchi è il giovane ministro Maroni del 1994, il 39enne che entrava al Viminale in punta di piedi, con le sue passioni per il Milan e la musica suonata e ascoltata, con i bambini ancora piccoli e non ormai adulti come nella realtà - rappresenta una sorta di ultimo lascito pubblico, di un uomo poliedrico, che ha dedicato la sua vita alla politica ma viveva di passioni come la famiglia, la musica, il calcio e anche la scrittura. Aveva già scritto altri libri, riguardanti la sua storia politica e i suoi progetti politici, ma ‘Il Viminale esploderà’ resta la sua creatura e la sua ultima sfida, contro il tempo che scorreva troppo veloce, contro la malattia che lo inseguiva, contro un destino che ha accettato con coraggio e serenità, vivendo la quotidianità fino all’ultimo.

Vincendo anche questa sfida letteraria: aveva ragione quel giorno a scommettere che sarebbe stato un libro più bello di quello di Clinton. Lo è. È il suo lascito a chi non segue la politica, a chi non ha condiviso le sue idee politiche (espresse sempre garbatamente e pacatamente), un libro che racconta anche l’uomo che era e che pochi conoscevano: con un epilogo che fotografa quello che era e voleva solo essere: “Il ministro Macchi, terminato il suo mandato, continuò a suonare l’organo Hammond e a divertirsi con gli amici della band di Varese sulle note dell’amatissima musica soul. In casa era sempre e solo il re della griglia. Mentre il suo cane Mister lo riconosceva come l’unico capo branco…’