Milano - Da un lato, un’elevata consapevolezza delle conseguenze che il fenomeno ha sulle vittime, e un’alta conoscenza, tra i giovani, di persone che hanno subito il reato. Dall’altro, una bassa percezione dei rischi e delle implicazioni legali, e una scarsa propensione a denunciare.
Questi, in sintesi, sono i risultati di un’indagine sul revenge porn, cioè la diffusione non consensuale di immagini o video intimi. Una forma di violenza che colpisce soprattutto le giovani donne e che costituisce reato dall’introduzione, nel 2019, del Codice rosso. Lo studio è stato commissionato da Motorola e realizzato dalla società di ricerca Nielsen su un campione fra i 18 e i 27 anni. I risultati sono allarmanti, sia quelli regionali sia quelli - simili - ottenuti su scala nazionale. Il 29% dei giovani che vivono in Lombardia conosce una vittima di revenge porn. Buona parte di loro riconosce inoltre le conseguenze, fisiche e psicologiche, tra sensi di colpa, vergogna, isolamento, depressione e persino suicidio. E quasi tutti identificano nello smartphone lo strumento principale con cui si commette il reato.
Si capisce allora l’impegno di Motorola: “È fondamentale promuovere un utilizzo responsabile di questi strumenti”, sottolinea Giorgia Bulgarella, Head of Marketing della branca italiana dell’azienda. D’altra parte, però, la consapevolezza dei rischi rimane bassa: in Lombardia, il 54% di chi ha inviato foto o video intimi lo rifarebbe. “Ma i giovani si devono rendere conto che quello che avviene sul web si ripercuote nel mondo reale”, commenta Ylenia de Angelis, avvocato di Telefono Rosa, la prima associazione italiana al fianco delle donne vittime di violenza. Ma soprattutto, quel che emerge è una scarsa propensione a denunciare: in Lombardia, solo il 44% degli intervistati lo farebbe nel caso in cui conoscesse la vittima, e solo il 31% se si trattasse di un estraneo. Appare poi lacunosa la comprensione delle conseguenze penali: solo il 28% ritiene perseguibile chi si limita a guardare o commentare senza condividere i contenuti.
La necessità di una maggiore informazione è condivisa dalla quasi totalità del campione: scuola, università e social vengono individuati come luoghi chiave nella prevenzione. Per colmare il gap di comunicazione Motorola e Telefono Rosa hanno lanciato NonMiViolare, un progetto di educazione all’uso responsabile dello smartphone. Una guida per comprendere, prevenire e reagire al fenomeno, disponibile dal 20 novembre in formato digitale. “Per essere incisivi dobbiamo usare gli strumenti dei giovani”, sottolinea infatti Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, presidente di Telefono Rosa. Ma il booklet verrà presto distribuito anche nelle scuole. Per aiutare i giovani a correggere quei comportamenti che li mettono in una situazione di rischio. E diffondere il più possibile una cultura della parità e del rispetto.