PIERO LOTITO
Cronaca

Da Vertova alla Caienna: storia di Luigi Gualdi, il Papillon italiano

La storia disperata del giovane bergamasco morto nel 1928 ricostruita dal nipote e raccontata dal giornalista Gabriele Moroni

Dustin Hoffman e Steve McQueen nel film Papillon

Dustin Hoffman e Steve McQueen nel film Papillon

Bergamo - Cercare, ricostruire un’esistenza, raccontarla. E non una qualsiasi, ma una esistenza fra le più brevi, travagliate e drammatiche. Un esercizio che ben riesce a Gabriele Moroni, che tra il vero e il verosimile ama le certezze della cronaca. In “Luigi Gualdi, il Papillon italiano. Un viaggio infernale dalla Bergamasca alla Caienna” (Diarkos editore), l’instancabile cercatore di storie è sulle tracce di un irrequieto bergamasco di Vertova che il 9 giugno 1928, a meno di 23 anni, muore di malaria nella Guyana francese, dove un anno prima, condannato ai lavori forzati a vita, era sbarcato in catene dalla nave “La Martinière”.

Il titolo del libro allude al film e al best seller autobiografico “Papillon” dello scrittore francese Henri Charrière, anch’egli finito alla Caienna. Con la differenza che l’italiano non ne uscì vivo e, probabilmente, non avrebbe avuto il talento per scrivere un successo mondiale. Moroni qui si muove con l’aiuto fondamentale di un nipote di Luigi, Mario Gualdi (coautore del volume), figlio di Angelo, uno degli undici ragazzi di Bernardo e Maria Grata Anesa, mezzadri poveri e dignitosi di Vertova. A sua volta con l’aiuto del figlio Fabio, avvocato a Como, Mario ha ricostruito negli anni, attraverso puntigliose ricerche negli archivi francesi, l’intera odissea senza ritorno dell’avventuroso zio, entrato in Francia nel 1923, a 18 anni, senza un soldo e senza conoscere la lingua. Ne avrebbe ignorato ogni cosa, se nel 1973 non avesse visto al cinema proprio il film “Papillon”. Turbato dalla condizione dei detenuti nella famigerata colonia penale, Mario descrisse in casa l’avventura di Charrière. E soltanto allora il padre gli parlò del proprio fratello maggiore Luigi, che aveva idee socialiste e, scontratosi un giorno a Vertova con un gruppo di fascisti, per sfuggire a possibili ritorsioni aveva lasciato il paese per riparare in Francia. In tasca, il passaporto e qualche speranza. Più o meno qui si fermava il racconto di Angelo, con poche altre capitali notizie: Luigi in Francia era stato condannato ai lavori forzati per omicidio ed era morto alla Caienna. Il resto – la vita di quel ragazzo, se proprio vogliamo chiamarla così, in quei cinque anni francesi – è appunto ciò che il nipote ha ricostruito negli anni, consultando gli archivi delle colonie d’oltremare di Aix-enProvence e della Corte d’Assise delle Alpi Marittime a Nizza. Una storia disperata.

Condannato a 15 giorni di detenzione per il furto d’una bicicletta, Luigi conosce in prigione il poco di buono André Gauthier, suo futuro complice. In soli quattro giorni, fra il 2 e il 4 dicembre 1924, «come risucchiato in una spirale di irresponsabilità, in un vortice di follia», Gualdi si gioca la vita: ruba ancora, rapina, fa fuoco. A Claret, l’agricoltore Albert Izoard rimane ucciso da un colpo di fucile esploso da Gauthier. Gualdi, dal canto suo, ingaggia una sparatoria con quel Gaston Dominici che nel 1952 scuoterà la Francia in un efferato episodio criminale. Il bergamasco, abbiamo detto, finirà la sua vita nell’orrida Caienna. Poteva andare diversamente?, si chiede ancora oggi Mario Gualdi. Nessuno può saperlo. Rimane la tenacia di questo indomito nipote nel riportare alla luce l’angosciosa vicenda umana di un parente mai conosciuto. Il libro di Moroni e Gualdi – intenso, minuzioso, drammatico – pone interrogativi anche al lettore: se una vita, anche la più sbagliata, non può valere un approdo dal quale poter guardare indietro e capire.