Magneti Marelli, una storia sestese

La cessione ai nipponici porta a un tuffo nel passato industriale della fu Stalingrado. L’ex sindaco Bassoli: "La notizia? È stata un colpo al cuore"

Magneti Marelli

Magneti Marelli

Milano, 23 ottobre 2018 - «Ammetto che ho avuto un colpo al cuore, apprendendo della vendita di questo pezzo di storia industriale». Parla così Fiorenza Bassoli, il sindaco che negli anni Ottanta ha dovuto gestire le grandi dismissioni delle fabbriche. La Magneti Marelli, società leader nel settore delle batterie per autoveicoli, sarà acquistata per 6,2 miliardi da Calsonic Kansei, gruppo giapponese controllato dal fondo americano Kkr. Un’acquisizione al cento per cento, siglata tra i nipponici e il gruppo Fiat-Chrysler nella prima operazione post Marchionne.

A Sesto la Magneti Marelli aveva chiuso gli stabilimenti nel 1984 e l’anno prima già il Gruppo Ercole Marelli aveva interrotto la sua storia. «Quella della Magneti Marelli è la storia di una fabbrica gloriosa, per tecnologia ma anche per la presenza forte di un movimento dei lavoratori che fin dagli anni Sessanta ha combattuto per mantenere produzione e attività – commenta Bassoli -. Da sindaco l’ho ereditata già in amministrazione straordinaria, con un’operazione in corso che l’aveva vista tagliare in pezzi. E quelli più interessanti erano andati ad aziende che volevano ancora investire».

Per anni si è cercato di salvaguardare fette di rilancio delle attività in una Sesto che si apprestava a vivere i suoi anni più difficili. Contemporaneamente la Breda e la Falck affrontavano le difficoltà dei loro settori: meccanica pesante, siderurgia, nucleare. Riduzioni di personale e chiusure di stabilimenti si susseguivano: solo il Gruppo Falck passava tra il 1980 e il 1986 da 11.400 occupati a 4.800 e nei primi anni Novanta le ultime due imprese storiche di Sesto posero termine alla centenaria storia produttiva.

«Cercammo di mantenere in vita le testimonianze architettoniche, ma insieme alla creazione di nuovi posti di lavoro e occasioni – ricorda Bassoli -. Così, la sede dei sindacati arrivò nell’ex mensa della Marelli e parte dello stabilimento fu coperto da Impregilo. Ci fu poi la sede dell’Enel, un nuovo respiro con il terziario. Poi, purtroppo, dismesso anche quello». Anni duri. «Feci 9 mesi di monocolore perché non c’era condivisione totale sul progetto futuro, ma la politica è anche questo: avere una visione, che dia speranza nel futuro. Come ho sempre sostenuto, la politica deve capire e ascoltare il cuore e il cervello di una città».