Rapporto Ecomafia: Lombardia avvelenata dalle cosche

E' la prima regione del Nord per reati ambientali

Il capannone incendiato a Corteolona

Il capannone incendiato a Corteolona

Milano, 31 luglio 2019 -«La Lombardia, prima regione del Nord, si conferma territorio cruciale nei circuiti illegali su tutti i fronti ambientali». Non lascia spazio a dubbi la diagnosi contenuta in “Ecomafia 2019”. La regione è presente (sempre con cifre significative) in tutti gli ambiti della illegalità ambientale.

Se si considera il numero globale dei reati ambientali, la Lombardia con 1.541 infrazioni accertate, 1.387 denunce, 464 sequestri, è la settima su scala nazionale (dopo Campania, Calabria, Puglia, Sicilia, Lazio, Toscana) ed è la prima del Nord. Lo è anche per il ciclo illegale dei rifiuti con 535 infrazioni, 545 denunce, 23 arresti, 186 sequestri; nella classifica nazionale è preceduta da Campania, Puglia, Calabria, Toscana, Sicilia, Lazio. Sono stati 7 i sequestri di rifiuti, 6 a Como-Ponte-Chiasso e uno a Como-Monte Lucino. Per il ciclo illegale del cemento al Settentrione la Lombardia (268 infrazioni, 357 denunce, 25 sequestri) è preceduta dal Veneto (306 infrazioni, 338 denunce 86 sequestri). «Quello dell’edilizia - analizza il rapporto - è storicamente un settore dove mafie e corruzione costituiscono, insieme, un pervicace e pericolosissimo convitato di pietra, che inquina fino all’osso il settore degli appalti e dei cantieri. Lo testimonia l’inchiesta condotta dalla Dda di Milano a maggio scorso. Un’operazione che ha coinvolto novantacinque persone, tra politici, amministratori pubblici e imprenditori che la procura non ha esitato a definire “predatori come in Jurassic Park”. Secondo l’accusa, avrebbero costituito una holding dedita all’accaparramento illegale di appalti nelle province di Milano e Varese, in affari con la ‘ndrangheta locale». Nella classifica sulla corruzione in materia ambientale nel periodo 1 giugno 2018-31 maggio 2019 la Lombardia è terza dopo Lazio e Sicilia con 12 inchieste, 16 denunce, 119 arresti (il più alto in assoluto), 5 sequestri.

Un ritorno dal passato è il rischio radioattivo, «poco noto e minimizzato». «In Lombardia – annota il dossier di Legambiente –, soprattutto nel Bresciano, e in misura minore in Veneto, sono state fuse in fonderie ed acciaierie fonti di Cesio 137, di Radio 226 e di Cobalto 60, arrivate quasi sempre dall’Est Europa. Erano nascoste in involucri di piombo infilati dentro i camion di rottami, in modo da sfuggire ai controlli. Una volta finiti nei forni hanno contaminato gli impianti di abbattimento fumi, le polveri, i lingotti di acciaio e di alluminio. Succede anche oggi». Rifiuti in fiamme. Gli incendi con relativo corollario di arresti in un capannone a Corteolona, nei primi giorni del 2018, e quello divampato il 14 ottobre 2018 a Milano, nel capannone della Ipb Italia srl (nome quasi identico ma nessun legame con la ditta locatrice, del tutto estranea), in via Chiasserini alla Bovisasca. «I carabinieri - scrive ‘Ecomafia 2019’ del rogo di Corteolona - hanno stimato in quasi 2.000 tonnellate (1.900 per l’esattezza) i rifiuti stipati nel capannone da settembre a dicembre 2017, ma ritengono che siano state smaltite illegalmente almeno 7.000 tonnellate di materiale, con un mancato esborso di oltre un milione e 100.000 euro (150 a tonnellata) per smaltire invece in modo lecito, nonché di 70.000 euro (10 a tonnellata) di tassa regionale». Caso Ipb Italia. Fiamme alte quanto un palazzo a sei piani e durate diversi giorni divorano 2.500 metri quadrati di capannone e tonnellate di veleni. Alla squadra mobile di Milano e ai carabinieri del Noe sono bastati i quattro mesi dell’operazione denominata “Venenum” per avere le prove sufficienti che la ditta veniva usata «come base operativa di un imponente traffico illecito di rifiuti, servendosi pure di broker di alto livello. I rifiuti sarebbero dovuti andare all’estero, in inceneritori in Bosnia e Bulgaria». Dall’estate 2015 alla primavera del 2017, la Commissione Ecomafia «ha contato 9 incendi fotocopia” anche a Lainate, Bruzzano, Cinisello Balsamo, Senago, Novate Milanese, Cornaredo, “senza contare l’escalation di fuochi nelle province di Pavia e Brescia; considerando l’intera regione il conto sale a 30».